Il merito va ai ricercatori della Rockefeller University e ad un loro studio, grazie al quale è stato possibile stilare una diagnosi super-precoce della malattia di Huntington, patologia genetica del sistema nervoso centrale che determina una degenerazione dei neuroni dei gangli della base e della corteccia cerebrale e i cui sintomi compaiano, però, in età adulta
La malattia di Huntington è una patologia genetica del sistema nervoso centrale che determina una degenerazione dei neuroni dei gangli della base e della corteccia cerebrale. Clinicamente è caratterizzata da movimenti involontari patologici, gravi alterazioni del comportamento e un progressivo deterioramento cognitivo. L’esordio avviene di solito tra i 30 e i 50 anni e il decorso è lentamente progressivo e fatale dopo 16-20 anni di malattia. Sebbene dunque, i sintomi compaiano in età adulta è stato possibile stilare una diagnosi super-precoce della malattia di Huntington. Il merito è dei ricercatori della Rockefeller University, guidati da Ali Brivanlou, che sono riusciti ad individuare la sua firma genetica in un embrione di sole due settimane.
La mutazione genetica che causa la malattia
Come spiegato sulla rivista “Development”, dove sono stati pubblicati i risultati della ricerca, la malattia di Huntington è causata dalle mutazioni di un gene già presente negli ovociti fecondati e quindi in ogni cellula del corpo, anche se le sue funzioni non sono del tutto note. In precedenti studi, lo stesso gruppo di ricercatori aveva riscontrato delle anomalie legate alla mutazione del gene e risalenti ad alcuni decenni prima che i neuroni inizino a morire, anche nei primi stadi dello sviluppo embrionale, quando le cellule si differenziano e formano strutture. Nell’ambito di questo studio gli studiosi della Rockfeller University hanno esaminato gli effetti della mutazione già agli stadi primordiali dello sviluppo embrionale, ovvero nelle prime due settimane in cui iniziano a formarsi i cosiddetti “foglietti germinativi embrionali”, da cui hanno origine tutti i tessuti embrionali, tra cui anche le cellule cerebrali.
I dettagli dello studio
Nei vari step della ricerca, gli esperti hanno prima prodotto degli embrioni umani sintetici, facendoli derivare da cellule staminali che imitano quelle umane nei primi stadi di sviluppo, quindi servendosi della “forbice molecolare della Crispr” (il cosiddetto “taglia e cuci del Dna”), hanno introdotto le mutazioni dell'Huntington negli embrioni. Nel paragone tra gli embrioni con e senza mutazione, hanno scoperto che le mutazioni vanno ad interferire con le dimensioni dei “foglietti germinativi” e che più gravi risultano le mutazioni e più marcate saranno le differenze. “Il cambiamento è visibile a occhio nudo ed è causato dall'alterazione del segnale che guida le cellule embrionali”, ha spiegato Brivanlou. Ad oggi, comunque, resta ancora non del tutto chiaro quanto questi primordiali cambiamenti influiscano sullo sviluppo embrionale susseguente. Secondo i ricercatori l'embrione in sviluppo si serve di alcuni meccanismi per compensare gli effetti negativi delle mutazioni dell'Huntington: ora, grazie all’utilizzo degli embrioni umani sintetici in questo studio, si potrà cominciare anche ad esaminare i farmaci che possono correggere queste specifiche anomalie.