Nell'ultimo anno oltre una persona su quattro si è rivolta a uno psicologo. È quanto emerso dal 33esimo Rapporto Italia Eurispes 2021 che ha indagato sul consumo di psicofarmaci da parte dei cittadini e sul ricorso al sostegno psicologico in questo ultimo anno
Nell'ultimo anno il 19% degli italiani (quasi una persona su 5) ha assunto farmaci come ansiolitici, antidepressivi, stabilizzatori dell'umore, antipsicotici, cioè i principali tipi di psicofarmaci, e una persona su quattro si è rivolta a uno psicologo. Sono alcuni dei dati emersi dal 33esimo Rapporto Italia Eurispes 2021, appena presentato, che ha indagato sul consumo di psicofarmaci da parte dei cittadini e sul ricorso al sostegno psicologico in questo ultimo anno.
Psicofarmaci: utilizzati maggiormente da donne e persone mature
Per quanto riguarda l'uso di psicofarmaci, secondo i dati dell'Eurispes, vi ricorrono maggiormente le donne rispetto agli uomini: 21,2% contro 16,7%. E il loro consumo risulta più diffuso della media tra le persone più mature (22,5% dai 65 anni in su), meno tra i giovanissimi (10,1% dai 18 ai 24 anni). Eurispes segnala, inoltre, che una maggiore incidenza è stata rilevata anche tra le persone in cassa integrazione (27,2%) e pensionati (23,7%). Stando ai dati dell'indagine, gli psicofarmaci più diffusi risultano essere gli ansiolitici ed i tranquillanti. "Nell’ultimo anno il 72,9% di chi ha consumato almeno un tipo di psicofarmaco ne ha fatto uso sempre nell’8,5% dei casi, spesso nel 19,4%, qualche volta nel 45% e mai nel 27,1% dei casi", precisa il rapporto. Seguono, per utilizzo, gli antidepressivi: "Se il 54% del sotto-campione non li ha mai assunti durante l’anno, il 5,6% lo ha fatto sempre, il 12,3% spesso, il 28,1% qualche volta".
Il 27,2% degli italiani si è rivolto a uno psicologo
Inoltre, secondo di dati dell’Eurispes, è rilevante la quota di chi si è rivolto ad uno psicologo: più di un italiano su quattro (27,2%). Mentre il 5,6% degli intervistati si è rivolto a uno psichiatra, in un percorso che solitamente si avvale anche di una terapia farmacologica di supporto. "La pratica meno diffusa è l’ipnosi, sperimentata nel 3,5% dei casi", precisa il rapporto.