Scoperto dai ricercatori dell'Università della California a San Diego e del Massachusetts General Hospital potrebbe segnare un punto di svolta per alterare la produzione delle tipiche placche amiloidi associate alla malattia, che si accumulano nel cervello, interrompendo e uccidendo i neuroni
Un nuovo studio condotto dall'Università della California a San Diego e dal Massachusetts General Hospital potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti contro l’Alzheimer. Il team di ricerca ha identificato un nuovo farmaco che potrebbe segnare un punto di svolta per alterare la produzione delle tipiche placche amiloidi associate alla malattia, che si accumulano nel cervello, interrompendo e uccidendo i neuroni, e provocando il progressivo deterioramento cognitivo caratteristico della demenza. In particolare, il nuovo composto agisce modulando (anziché inibendo) un enzima chiave coinvolto nella formazione delle placche, riducendo il loro sviluppo.
I dettagli della scoperta
Su test condotti su roditori e scimmie, i ricercatori riferiscono che il farmaco è risultato sicuro ed efficace, aprendo la strada a possibili sperimentazioni cliniche sugli esseri umani. "I nostri risultati suggeriscono una potenziale terapia che potrebbe prevenire uno degli elementi chiave della malattia", ha spiegato l'autore senior dello studio, Steven L. Wagner, professore presso il Dipartimento di Neuroscienze della UC San Diego School of Medicine.
La scoperta, pubblicata sulle pagine della rivista specializzata Journal of Experimental Medicine, è partita dallo studio dei modulatori della gamma-secretasi (Gsm), che invece di inibire l'enzima gamma-secretasi (come invece fanno alcuni farmaci), alterano leggermente la sua attività, riducendo la produzione di peptidi A-beta coinvolti nella formazione delle placche.
I risultati dello studio
Nel corso dello studio, il team di ricerca ha creato un nuovo Gsm e lo ha testato su topi, ratti e macachi. È emerso, nello specifico, che dosi ripetute e basse di Gsm eliminano la produzione di A-beta42 nei topi e nei ratti, senza causare effetti collaterali tossici. Il farmaco è risultato essere sicuro ed efficace anche nei macachi, riducendo i livelli di Aβ42 fino al 70%. In un successivo test condotto su ratti con Alzheimer ad esordio precoce, il nuovo composto ha ridotto la formazione di placche sia quando somministrato prima del loro sviluppo che subito dopo l'inizio del processo.
"Futuri studi clinici determineranno se questo promettente farmaco è sicuro per gli esseri umani e potrebbe essere utilizzato per trattare o prevenire efficacemente la malattia di Alzheimer", hanno concluso i ricercatori.