Coronavirus, tutti i malati sviluppano anticorpi contro il Covid-19

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La conferma arriva da uno studio della Chongqing Medical University, recentemente pubblicato sulla rivista specializzata Nature Medicine. I risultati della ricerca indicano che il test sierologico può aiutare a diagnosticare i pazienti sospetti

Tutte le persone che guariscono dal Covid-19 sviluppano sempre degli anticorpi protettivi contro il coronavirus Sars-Cov-2 (segui la DIRETTA di Sky TG24): a confermarlo sono i risultati di uno studio della Chongqing Medical University, pubblicati da poco sulla rivista Nature Medicine. Nel corso della ricerca, gli esperti hanno rilevato nel 100% dei pazienti analizzati (285) la presenza degli anticorpi IgG, ossia quelli prodotti durante la prima infezione e che proteggono a lungo termine. Lo studio dimostra che il test sierologico può essere utile per diagnosticare i pazienti sospetti, risultati negativi al tampone, e identificare quelli asintomatici. 

I risultati dello studio

“Buona notizia: seppure in quantità variabili i pazienti guariti da Covid-19 producono anticorpi contro il virus”, scrive Roberto Burioni su Twitter. “Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l’immunità”, aggiunge il virologo. Lo studio della Chongqing Medical University indica che a 19 giorni di distanza dalla comparsa dei sintomi tutti i pazienti esaminati avevano sviluppato le IgG contro Sars-CoV-2. Ciò è avvenuto con livelli diversi in ognuno dei pazienti, in modo indipendente dalle loro caratteristiche cliniche.

La produzione degli anticorpi IgG

I ricercatori spiegano che gli anticorpi IgG sono prodotti nel corso dell’infezione o in seguito all’esposizione di antigeni estranei. Sono in grado di fornire all’organismo una protezione duratura contro gli agenti virali e, nei soggetti con un sistema immunitario normale, sono sufficienti a prevenire una nuova infezione. La loro produzione inizia quando cessa quella degli anticorpi Igm, che si attivano quando l’organismo entra in contatto con una nuova infezione o un antigene estraneo, fornendo una protezione di breve durata.

La durata della risposta immunitaria

Guido Silvestri, virologo e docente presso l’Emory University di Atlanta, definisce i risultati del nuovo studio una “megapillola di ottimismo”. “La ricerca conferma che il nostro sistema immunitario monta una risposta anticorpale contro il virus, che con ogni probabilità, basandosi sui precedenti di Sars-1 e Mers oltre che sui modelli animali di infezione da coronavirus, protegge dalla reinfezione o quantomeno dal ritorno della malattia”, spiega il professore. “Non possiamo sapere la durata di questa risposta immunitaria, ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe durare almeno 12-24 mesi”, conclude Silvestri. 

Rezza: “È ancora presto per la patente di immunità”

Per Gianni Rezza, il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), i risultati del nuovo studio sono importanti, tuttavia è ancora presto per la cosiddetta “patente di immunità”. “Prima è necessario valutare l’affidabilità dei test, che devono essere molto specifici e sensibili. È bene ricordare, inoltre, che una volta trovati gli anticorpi bisogna comunque fare il tampone”, sottolinea l’esperto. Lo studio di oggi è importante, perché ci dice che chi ha avuto infezione sviluppa gli anticorpi, cosa che qualcuno metteva in dubbio per via delle recidive. Ora però dobbiamo essere sicuri che siano protettivi, e a lungo termine. La notizia comunque è buona, anche in prospettiva vaccino”, aggiunge Rezza. 

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