E’ stata individuata dai ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston in una donna colombiana che, a causa di una predisposizione, avrebbe dovuto manifestare i sintomi della malattia almeno tre decenni prima
Esiste una mutazione nel Dna che potrebbe essere la chiave per avere una protezione nei confronti di malattie come il morbo di Alzheimer. A scoprirla è stato un team di esperti del Massachusetts General Hospital di Boston, che ne hanno discusso in un articolo pubblicato sulla rivista Nature.
Il caso della popolazione colombiana
Gli specialisti, infatti, hanno isolato nel Dna di una donna colombiana di oltre 70 anni fortemente a rischio, a causa di una predisposizione genetica per l’Alzheimer che è molto diffusa in Colombia e che tende a far comparire la malattia intorno ai 40 anni, una rara mutazione denominata 'APOE3ch'. Questa, per almeno tre decenni, ha impedito che la patologia si sviluppasse, ed è successo perché nel cervello della donna, nonostante vi fosse un accumulo della sostanza tossica 'beta-amiloide', legata all'insorgenza della malattia, la mutazione ha permesso di resistere ai danni indotti da questa sostanza. Consentendo ai sintomi della malattia di palesarsi molto più tardi rispetto al consueto. “Alcune persone portatrici di mutazioni nei geni noti per causare la malattia di Alzheimer ad esordio precoce non mostrano segni della malattia fino a un’età molto avanzata, molto più tardi del previsto. Lo studio di questi individui può rivelare intuizioni sulle varianti geniche che riducono il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer e altre forme di demenza”, ha detto Yakeel Quiroz, tra i principali autori dello studio.
La protezione da processi neurodegenerativi
Come spiegano gli specialisti sul sito del polo ospedaliero americano, la donna è stata individuata tra oltre 6000 colombiani ad alto rischio di Alzheimer, proprio a causa di una predisposizione genetica. Nel Paese sudamericano, infatti, è abbastanza diffusa una mutazione identificata col nome 'E280A', la quale comporta un alto rischio di Alzheimer precoce, con esordio dei sintomi già alla soglia dei 40 anni. L’anziana dunque, pur avendo questa mutazione, non ha mai manifestato i sintomi della malattia se non una volta superata la soglia dei 70 anni. Quello che l’ha favorita è la mutazione del Dna 'APOE3ch', che curiosamente gli specialisti chiamano anche 'ChristChurch', nome ispirato dalla città neozelandese dove venne isolata per la prima volta. Il suo cervello, dopo i test portati avanti dai ricercatori, è risultato sostanzialmente protetto da processi neurodegenerativi e da un accumulo di ammassi neurofibrillari tossici, che sono poi una delle cause scatenanti della malattia.
Nuova linfa nella ricerca
Gli stessi esperti hanno sottolineato come questa scoperta possa aprire importanti porte nell’ambito della ricerca e della lotta alla malattia. "Questo studio sottolinea l'importanza dell'APOE3ch nello sviluppo, nel trattamento e nella prevenzione dell'Alzheimer", ha affermato Eric M. Reiman, un altro autore dello studio. "Adesso speriamo che i nostri risultati spingano la comunità scientifica a non fermarsi e permettano la scoperta di terapie farmacologiche e genetiche correlate alla mutazione stessa, in modo tale da poterle testare al più presto in studi di trattamento e prevenzione sui pazienti".