In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Ospedale Molinette di Torino, fegato donato e rigenerato salva la vita a uomo di 66 anni

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Getty Images)

Il fegato del donatore deceduto era in condizioni non ottimali e rischiava di non funzionare: è stato quindi rivitalizzato con una macchina di perfusione normotermica prima di essere impiantato nel ricevente 

Condividi:

Un paziente di 66 anni con un doppio tumore al fegato è stato salvato grazie al trapianto di un organo rigenerato. L’intervento è stato realizzato presso il Centro trapianti di fegato dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino: dopo essere stato prelevato dal donatore, l’organo è stato rivitalizzato in “una macchina di perfusione normotermica”, come spiegato dalla struttura piemontese. Questo processo, considerato “l’ultima frontiera dei trapianti di fegato”, si è reso necessario poiché l’organo di 77 anni, proveniente da un donatore compatibile deceduto, presentava caratteristiche che facevano temere un malfunzionamento qualora il team avesse seguito le tradizionali tecniche di preservazione.

Il doppio tumore al fegato richiedeva trapianto urgente

Nel novembre 2018 al paziente, un veterinario di Viterbo ancora in attività, era stato diagnosticato un doppio tumore al fegato, sviluppatosi in seguito a una cirrosi non trattata per tempo. L’aggressività della malattia aveva costretto fin da subito l’uomo di 66 anni a sottoporsi a terapie per arginare la progressione della neoplasia, tra cui due termoablazioni percutanee, definite anche “bruciature del fegato”. Dopo l’ingresso in lista d’attesa per un trapianto, che era necessario in tempi brevi, è stata fondamentale per il veterinario la generosità dei famigliari di un uomo da poco deceduto per emorragia cerebrale, il cui fegato risultava compatibile con il 66enne.

Fegato donato rivitalizzato prima del trapianto

Il Centro Trapianti diretto dal professore Renato Romagnoli ha però dovuto fin da subito scegliere una strada alternativa alla tradizionale preservazione in ghiaccio dell’organo dopo aver constatato che, utilizzando quel metodo, il fegato grasso di 77 anni del donatore avrebbe presentato “un alto rischio di non essere in grado di funzionare dopo il trapianto”. Da qui la decisione di optare per la Normothermic Machine Perfusion (NMP), una tecnica che prevede “la perfusione a caldo del fegato donato”, a una temperatura di 37 gradi, pari quindi a quella del corpo umano. Il processo è durato in tutto circa 5 ore, ma dopo appena 2 ore all’interno della macchina "si è capito che la funzione dell'organo si stava riprendendo in modo ottimale”, spiega l’ospedale. Tutto ciò ha permesso di procedere alla rimozione del fegato malato a cui ha fatto seguito il trapianto dell’organo rivitalizzato nel ricevente. Come specifica la Città della Salute di Torino “la funzione immediata post-trapianto è stata da subito molto buona ed ora, dopo alcuni giorni dal trapianto, il paziente è in via di dimissione”.