Tumori, cellule immunitarie corazzate per combatterli

Salute e Benessere
La lotta al cancro potrebbe affidarsi sempre di più allo studio del Dna (foto: archivio Getty Images)
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Rieducare le difese del corpo con la terapia genica per dotarle di una corazza anticancro: è la nuova frontiera dell'immunoterapia con le cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor)

La nuova frontiera nella lotta ai tumori potrebbe essere rappresentata da cellule immunitarie dotate di una corazza anticancro con la terapia genica. Si chiamano "CAR-T" (Chimeric Antigen Receptor) e sono state presentate nel corso del convegno sulla ricerca e l'innovazione nella lotta contro il cancro, organizzato dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della vita.

Sistema immunitario "corrotto"

Le cellule CAR-T sono linfociti T che sono stati dotati in laboratorio, tramite terapia genica, di proteine capaci di riconoscere specifici bersagli nelle cellule cancerogene. Si tratta, secondo gli esperti, di una nuova frontiera dell'immunoterapia, poiché per la prima volta una manipolazione genetica del sistema immunitario si sarebbe rivelata efficace contro i tumori. "Durante la crescita di un tumore - ha spiegato Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto clinico Humanitas di Milano - può accadere che una parte del sistema immunitario decida di passare al nemico. Alcune cellule, come poliziotti corrotti, non arrestano più i malviventi, le cellule tumorali, ma li aiutano, frenando ad esempio i linfociti T". I linfociti T, che dovrebbero guidare le difese del nostro organismo, sono come narcotizzati. Questa scoperta, ha aggiunto Mantovani, "ha aperto la strada a nuove strategie terapeutiche, come l'immunoterapia, mirate a togliere i freni o a fermare i poliziotti corrotti".

Le terapie cellulari

La CAR-T è un esempio di terapia cellulare che, secondo Mantovani, è "qualcosa di molto simile a una trasfusione preceduta da un prelievo di sangue". Determinate cellule del sistema immunitario, che non funzionano correttamente, vengono estratte dal sangue, modificate in laboratorio perché siano nuovamente operative e, infine, reintrodotte nel paziente. "È come dotare le cellule di una nuova corazza, di nuove antenne per aggredire in modo specifico i tumori", ha spiegato il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'Università di Roma Tor Vergata. Secondo l'esperto, la lotta al cancro in futuro si affiderà sempre di più allo studio del Dna.

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