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Imprenditore simulò sequestro in Siria, tre arresti. Il padre: "Non ci credo"

Lazio

Secondo quanto accertato da Ros e Sco, i tre proposero ad Alessandro Sandrini di simulare un sequestro di persona in cambio di denaro. Una volta giunto in Turchia però l'imprenditore fu "venduto" ad un gruppo vicino ad Al Qaeda, privato della libertà personale e trasferito in Siria

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Il sequestro dell'imprenditore bresciano Alessandro Sandrini sarebbe stato una truffa organizzata con la complicità della vittima da una banda di tre persone, finite in carcere oggi su richiesta della Procura di Roma. Secondo quanto accertato da Ros e Sco, i tre arrestati, gli albanesi Fredi Frrokaj, Olsi Mitraj e l'italiano Alberto Zannini, proposero a Sandrini di simulare un sequestro di persona in cambio di denaro. Una volta giunto in Turchia però l'imprenditore fu "venduto" ad un gruppo vicino ad Al Qaeda, privato della libertà personale e trasferito in Siria. La banda è accusata di sequestro di persona per scopo di terrorismo mentre a Sandrini è contestata la simulazione di reato e truffa. Nell'indagine risultano indagate complessivamente dieci persone.

Le accuse

Nel procedimento, coordinato dal procuratore Michele Prestipino e dal sostituto Sergio Colaiocco, si cita anche il caso di Sergio Zanotti, anch'egli imprenditore bresciano sequestrato che però non risulta indagato. Secondo il capo di imputazione, i tre arrestati "in concorso tra loro e con altri soggetti rimasti ignoti operanti in Italia, Turchia e Siria, questi ultimi aderenti e comunque riconducibili alla galassia jihadista" hanno proposto agli italiani di recarsi in Turchia, "al fine di simulare un sequestro di persona". In seguito però gli italiani "sono stati effettivamente privati della libertà personale" e condotti contro la loro volontà in Siria dove venivano consegnati ad appartenenti del Turkestan Islamic Part, gruppo che si richiama ad Al Qaeda.

I video che hanno ripreso l'imprenditore nel corso del sequestro sono stati diffusi via mail dalla Germania, dopo essere stati inviati dalla Siria, grazie ad un italiano residente in Svizzera e legato ai tre arrestati. E' quanto accertato dai pm di Roma che hanno coordinato le indagini di Ros e Sco. Oggi gli inquirenti, in base ad un ordine europeo di investigazione emesso dalla Procura romana, hanno proceduto ad una perquisizione grazie alla collaborazione delle autorità tedesche. Gli inquirenti hanno proceduto anche ad una decina di perquisizioni sul territorio italiano. 

Il sequestro

Dei due italiani, Sandrini e Zanotti, si persero le tracce nel 2016 e furono liberati nella primavera del 2019 a distanza di pochi giorni. I familiari di Sandrini avrebbero ricevuto denaro nel corso del sequestro, consegnato loro da Zannini e Mitraj. Agli atti dell'indagine anche la testimonianza di un amico di Sandrini secondo cui l'imprenditore "contava di fare molti soldi con il falso sequestro". Parlando con gli inquirenti il teste afferma che "prima di partire Sandrini mi aveva garantito che appena rientrato in Italia…100 mila euro sarebbero stati miei se gli avessi mantenuto il gioco, con la sua famiglia, i giornali e le forze dell'ordine". Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti il gruppo criminale ha organizzato, nel dettaglio, tutta la fase iniziale del trasferimento in Turchia di Sandrini: l'accompagnamento all'agenzia di viaggi, l'acquisto dei biglietti aerei e anche il trasporto in aeroporto. 

Inoltre, nel settembre del 2016 la banda avrebbe avvicinato un terzo imprenditore di Rezzano, sempre in provincia di Brescia, in "corso di identificazione". La banda però non riuscì nell'intento in quanto l'imprenditore "il giorno fissato per partenza, il 25 settembre, all'ultimo momento non si è presentato all'imbarco dell'aeroporto di Orio al Serio di Bergamo". 

Il padre di Sandrini: "Non ci credo"

Il padre dell'imprenditore coinvolto, Gianfranco Sandrini, ha reagito con stupore alla notizia. "È una situazione imbarazzante. Non credo che mio figlio possa aver fatto una cosa del genere. Io comunque non ho preso un solo euro", ha detto all'ANSA.