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Caso Cucchi, il teste chiave rischia il processo per droga

Lazio
L'aula del Tribunale in cui si svolge il processo per il caso Cucchi

Secondo la procura, Riccardo Casamassima e la sua compagna "in concorso tra loro, detenevano nella loro casa a Roma quantitativi non determinati di sostanza stupefacente di tipo cocaina". L'avvocato del carabiniere: "Intimidazione per screditarlo"

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Guai giudiziari in vista per l'appuntato Riccardo Casamassima, il carabiniere che nel 2016 ha fatto riaprire il caso di Stefano Cucchi con le sue dichiarazioni sul pestaggio subito in caserma dal geometra la notte del suo arresto nell'ottobre del 2009. La Procura di Roma ha chiesto per lui il rinvio a giudizio per il reato di detenzione di droga a fini di spaccio.

Le accuse al carabiniere

Il pm Giuseppe Bianco ha sollecitato il processo anche per altre quattro persone tra cui Maria Rosati, compagna di Casamassima, anche lei appuntato dei carabinieri. Nel capo di imputazione si afferma che Casamassima e la compagna "in concorso tra loro, detenevano nella loro casa a Roma quantitativi non determinati di sostanza stupefacente di tipo cocaina". L'inchiesta, che vede coinvolto l'appuntato scelto dei carabinieri e la sua compagna, è cominciata a Viterbo nel 2014 e vede indagate anche altre persone, con precedenti: un uomo di origini viterbesi, un tunisino e una donna di Roma. Queste ultime sono accusate, a vario titolo, anche di altri reati, come estorsione e possesso d'arma da fuoco. A far scattare nel marzo 2014 la perquisizione domiciliare nei confronti del super teste, sarebbe stata un'intercettazione dalla quale sarebbe emersa l'ipotesi di detenzione di droga nell'abitazione di Casamassima e Rosati, la quale avrebbe precedentemente avuto contatti con l'altra donna indagata. La perquisizione avrebbe poi avuto esito negativo. Il procedimento risulta iscritto a settembre 2014 alla Procura di Viterbo ma, per competenza territoriale, l'inchiesta è poi passata a Roma e, nel maggio 2017, è stata disposta la chiusura delle indagini. La notifica di fine indagini è giunta a Casamassima il 5 novembre del 2018. 

L'avvocato: "Intimidazione per screditare Casamassima"

"Nessuna sostanza stupefacente è stata trovata nella casa di Riccardo Casamassima o della sua compagna. La perquisizione domiciliare del 2014 ebbe esito negativo. Questo rinvio a giudizio è un attacco strategico e un'intimidazione per screditare Casamassima, teste chiave al processo Cucchi", commenta Serena Gasperini, avvocato del carabiniere. "L'episodio della richiesta di rinvio a giudizio è devastante perché si colloca in un periodo importante, visto che il prossimo 21 maggio Casamassima si costituirà nel processo dove ci sono carabinieri e ufficiali imputati nell'inchiesta sui depistaggi. Per quel giorno, infatti, è prevista l'udienza preliminare - aggiunge Gasperini -. E' insolito che le indagini in cui ora è indagato Casamassima siano state svolte da colleghi dell'Arma". E ancora: "Quando è indagato un carabiniere in genere interviene la polizia e viceversa, per garantire una sorta di 'distanza' - sottolinea il legale -. Nel 2014, quando avvenne la perquisizione, si sapeva già che Casamassima avrebbe parlato". E l'inchiesta che lo vede coinvolto "è cominciata a Viterbo, con un procedimento del marzo 2014 nato nei confronti di altri soggetti, uno dei quali avrebbe avuto contatti con la compagna del carabiniere. Ma nessun procedimento era partito a carico dei due", conclude l'avvocato.

Casamassima: "Informazioni false e sbagliate"

"Non è la prima volta che vengono fatti dei tentativi per delegittimarmi. Infatti ci sono anche altri procedimenti penali a mio carico e lo dimostra anche il fatto che il 21 sono parte offesa nel processo Cucchi – le parole di Casamassima –. Mi aspettavo mi potessero fare qualcosa, certo non mi aspettavo una cosa del genere. In queste ore stanno dando delle informazioni totalmente false e sbagliate. Mi è stata fatta una perquisizione nel 2014 a casa, dalla squadra mobile, dal reparto operativo dei carabinieri inerente uno dei procedimenti penali a mio carico che non c'entrano niente con la droga", ha poi aggiunto l'appuntato dei carabinieri, parlando ai microfoni di Rai Radio1.

"Non è la prima volta"

"Non mi è stata trovata droga – ha proseguito il militare –, né elementi riconducibili allo spaccio. Ci sono state dichiarazioni di una persona che ha affermato questo. Non c'è riscontro. Questa dichiarazione poi è arrivata subito dopo la testimonianza al processo Cucchi. Potrebbe essere legato a una cosa ritorsiva. Ma siamo abbastanza tranquilli perché non è la prima volta".