Premierato, cos'è e cosa significa e che differenza c'è con il presidenzialismo
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Il governo Meloni ha trovato l’intesa intorno alla riforma costituzionale che prevede, come principale novità, l'elezione diretta del premier. Il testo sarà in Cdm venerdì 3 novembre 2023, poi dovrebbe iniziare l’iter in Parlamento con i quattro passaggi tra Camera e Senato. Di “premierato”, comunque, si è parlato spesso e non solo in Italia: il termine non ha una definizione precisa e può essere declinato in vari modi
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- Il governo Meloni ha trovato l’intesa intorno alla riforma costituzionale che prevede, come principale novità, l'elezione diretta del premier. Il testo sarà in Cdm venerdì 3 novembre 2023, poi dovrebbe iniziare l’iter in Parlamento con i 4 passaggi tra Camera e Senato. Di “premierato”, comunque, si è parlato spesso e non solo in Italia: il termine non ha una definizione precisa e può essere declinato in vari modi. C’è anche chi propone di rivedere la figura del presidente del Consiglio, concedendole più poteri di quelli accordati dalla Costituzione
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- In realtà la coalizione di centrodestra, nel suo programma elettorale, aveva inserito l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Poi la maggioranza ha virato verso quella del premier. “Il premierato potrebbe essere un’opzione più gradita alla maggioranza delle forze parlamentari”, aveva detto già nei mesi scorsi il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, riaccendendo una questione che era stata abbandonata da tempo. Ma cosa si intende precisamente con premierato?
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- Una definizione chiara non esiste, come ha spiegato nei mesi scorsi il costituzionalista Mauro Volpi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Perugia, a Pagella Politica. Il termine premierato può indicare ad esempio “un sistema in cui il presidente del Consiglio ha più poteri rispetto al nostro, per esempio quello di revocare i ministri”, rimanendo però legato a un rapporto di fiducia con il Parlamento
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- Oppure, dice sempre Volpi, con “premierato” si può definire “un sistema in cui il presidente del Consiglio viene eletto direttamente dal popolo, annullando la necessità di un rapporto di fiducia parlamentare”. Si parla in questo caso della figura del premier come del “sindaco d’Italia”. Entra in gioco anche la questione della sfiducia costruttiva, cioè l'impossibilità per le Camere di sfiduciare un governo se - contestualmente - non viene accordata la fiducia a un altro esecutivo
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- Il premierato è ben distinto dal presidenzialismo, con cui si fa riferimento a una forma di governo in cui il presidente della Repubblica ha funzioni politiche, viene eletto dai cittadini e ha una concentrazione più marcata di poteri nelle sue mani. Ne esistono di diversi tipi, da quello americano - dove non c'è rapporto di fiducia tra il capo dello Stato e le Camere - a quello francese (semipresidenzialismo)
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- Esiste soltanto uno Stato nel panorama internazionale dove il premierato inteso come elezione diretta del premier è diventato realtà: Israele. L’esperienza, iniziata nel 1992, è finita però nel 2002. Si può invece guardare alla Germania se si intende il premierato come una forma di governo in cui i poteri del primo ministro sono rafforzati rispetto a quanto succede ora ad esempio in Italia. In foto: il palazzo della Cancelleria federale a Berlino
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- Nel sistema tedesco è infatti soltanto il cancelliere – e non l’intero esecutivo - che deve rivolgersi alle Camere per ottenere la fiducia. La stessa figura ha poi il potere di nomina e di revoca dei ministri, prerogativa per ora non prevista dalla Costituzione italiana
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- Il termine “premierato”, in Italia, è stato messo nero su bianco per la prima volta nel progetto di riforma costituzionale della Bicamerale del 1997, voluta dall’allora capo del governo Massimo D’Alema. Nella cosiddetta bozza Salvi, si chiamava “premierato” una forma di governo in cui il premier veniva eletto direttamente dal popolo
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- Il presidente del Consiglio doveva ricevere la fiducia soltanto dalla Camera dei Deputati, e non anche dal Senato, e poteva nominare e revocare i ministri. Naufragato questo tentativo di riforma, di premierato si è tornati a discutere nel 2006, in occasione di una nuova proposta di riforma costituzionale pensata dal centrodestra di Silvio Berlusconi
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- Veniva prevista l’elezione diretta del premier, che era però subordinata a “modalità stabilite dalla legge”, in alternativa alla nomina da parte del capo dello Stato. Come nel progetto della Bicamerale del 1997, il presidente del Consiglio poteva nominare e revocare i ministri. Il progetto fu bocciato dagli elettori chiamati a votare in un referendum costituzionale
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- Anni dopo, nel 2020, l’ex premier Matteo Renzi ha ipotizzato la figura di un premier simile a un “sindaco d’Italia”, scelto quindi dai cittadini sul modello elettorale previsto per i sindaci nei Comuni con più di 15mila abitanti. La proposta è poi stata inserita nel programma elettorale presentato dal partito di Renzi, Italia Viva, alleato con quello di Carlo Calenda, Azione, in vista delle elezioni parlamentari di settembre 2022
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- Il disegno di legge di riforma costituzionale del governo Meloni è stato messo a punto dalla ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Casellati. È composto da 5 articoli. Secondo le ultime bozze, prevede che il capo del governo venga eletto dai cittadini in un unico turno, per 5 anni, con una scheda unica. Previsto anche un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55% assegnato su base nazionale
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- Al capo dello Stato non spetterebbe più il potere di nomina del premier ma quello di conferire l'incarico al premier eletto, mentre manterrebbe il potere di nomina dei ministri. C’è poi la norma “anti ribaltone”: nel caso in cui il premier si dimetta o decada dal suo ruolo, il presidente della Repubblica può assegnare l'incarico di formare un nuovo governo al premier dimissionario o a un altro parlamentare eletto e collegato al presidente del Consiglio. Stop, inoltre, ai senatori a vita