Draghi, dal liceo a Roma alla guida della Bce: la storia di "SuperMario"

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Paolo Volterra

La storia dell'ex presidente della Bce, chiamato da Mattarella a tentare di guidare un nuovo governo. Il profilo di Draghi

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«Whatever it takes», tutto quello che serve, stavolta per salvare l'Italia, dopo aver salvato l'Europa. Mario Draghi, "Super Mario" come alcuni l'hanno ribattezzato, ha la storia e la statura dell'uomo del destino. Alla guida della Banca Centrale europea, prima ancora in Banca d'Italia, e al ministero del Tesoro quando il ministro era Carlo Azeglio Ciampi. Ora sta proprio a Draghi fare tutto quel che è necessario per portare il suo, il nostro paese fuori dalle tre emergenze- sanitaria, sociale, economica - che segnano il nostro tempo.

Gli anni dello studio

La storia di Mario Draghi parte da Roma, dal liceo classico al Massimo, scuola della buona borghesia, passa per la laurea in economia alla Sapienza, con le lezioni del grande Federico Caffè e poi approda al Massachusetts Institute of Technology, la grande fucina di economisti della East Coast.

Il sodalizio con Ciampi

Torna in Italia ed è uno dei più giovani direttori generali del Tesoro. E uno degli uomini che gestisce la stagione delle privatizzazioni all'inizio degli anni Novanta. A via Venti settembre si lega a Ciampi e si racconta che nel 1999  proprio Draghi fosse accanto al suo maestro mentre si contavano i voti che stavano portando Ciampi al Quirinale.

Il "bazooka"

Dal ministero alla banca d'Italia e poi alla Bce, proprio nel pieno della crisi finanziaria mondiale, con l'euro bombardato dagli speculatori: è in quei mesi del 2011 che nasce "Super Mario", con il suo "bazooka" monetario, con le sue parole scolpite in favore dei mercati: «Faremo tutto quello serve per salvare l'Euro, e credetemi sarà più che sufficiente» (Londra, 26 luglio 2012). Salva la moneta unica e in fondo il progetto stesso di Unione europea, che stava rischiando di affondare.

La pandemia

Quando lascia la eurotower di Francoforte al suo successore, Christine Lagarde, Draghi non fa intuire quali saranno i suoi programmi futuri. Vive tra Roma e Città della Pieve, si concede pochissimi interventi, ma sono di quelli che lasciano il segno nel dibattito pubblico: all'inizio della pandemia, nel 2020, in un suo editoriale sul Financial Times paragona la lotta contro il Covid-19 a una guerra, e il virus a un nemico contro il quale bisogna muoversi evitando ogni esitazione, chiedendo ai paesi di intervenire per garantire liquidità alle imprese e sostenere i redditi, anche a discapito dell'aumento del debito. Ma attenzione: debito buono, quello che serve per dare futuro alle nuove generazioni; non debito cattivo, che serve solo a generare altri sprechi e altre inefficienze.
É il nocciolo di un programma di governo, lo stesso che segna ora il suo ingresso a Palazzo Chigi, in una delle ore più buie della storia.

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