Lotta al pezzotto, per chi è previsto il carcere? Cosa cambia

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Alberto Giuffrè

Alberto Giuffrè

Due emendamenti inaspriscono le misure contro i criminali che diffondono contenuti protetti da diritto d’autore. Coinvolti nella lotta anche i servizi di Vpn e Open Dns. Misure che si aggiungono al protocollo di pochi giorni fa che prevede multe da 150 fino a 5mila euro per gli utenti

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Si fa più dura la lotta alla pirateria. Due emendamenti approvati in Commissioni Bilancio e Finanze del Senato introdurranno importanti modifiche alle leggi per il contrasto a un fenomeno che causa miliardi di danni all’economia italiana e contribuisce anche ad arricchire le casse della criminalità organizzata. Vediamo cosa cambia.

Coinvolti nella lotta anche i servizi di Vpn e Open Dns

C’è intanto una sorta di estensione dei confini di Piracy Shield, la piattaforma entrata in funzione lo scorso febbraio che consente di bloccare in maniera rapida gli eventi trasmessi illegalmente. Al momento sono gli Internet service provider, cioè coloro che forniscono le connessioni che utilizziamo ogni giorno, a ricevere un alert da chi detiene i diritti di un evento e oscurare il sito pirata entro 30 minuti. Con le modifiche anche i fornitori di Vpn e Open Dns sono tenuti ad applicare i blocchi e di conseguenza a iscriversi alla piattaforma, anche se non si trovano in Italia. Tra i soggetti interessati anche i motori di ricerca, che dovranno eliminare dai propri risultati i link a un evento trasmesso illegalmente entro al massimo minuti dalla segnalazione.

Per chi è previsto il carcere

Tra le novità più rilevanti c’è la misura del carcere fino a un anno di reclusione. Prevista per i fornitori di una serie di servizi che non denunciano l’attività illecita compiuta attraverso i propri sistemi, pur essendone a conoscenza. L’elenco comprende: i prestatori di servizi di accesso alla rete; chi gestisce motori di ricerca; i fornitori di servizi della società dell'informazione, compresi i fornitori e gli intermediari di vpn – o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l'identificazione dell'indirizzo IP di origine –. E ancora: “Gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di DNS distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web”. Quando questi soggetti, dice il testo, “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti (…) devono segnalare, senza ritardo, all'autorità giudiziaria o alla Guardia di finanza tali circostanze, fornendo tutte le informazioni disponibili”. Un altro passaggio importante contenuto nel testo riguarda l’obbligo, per chi fornisce questi servizi in Italia ma ha sede legale all’estero, di comunicare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il proprio rappresentante legale in Italia.

Il protocollo sulle multe per gli utenti

A questi emendamenti si aggiunge poi il protocollo firmato da Agcom, Guardia di Finanza e Procura della repubblica di Roma pochi giorni fa. Un’intesa che prevede si possa risalire all'identità di chi usufruisce dei servizi streaming illegali e colpirli con sanzioni da 150 fino a 5mila euro.

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