Autonomia differenziata, attesa per chiarimento sui tempi nel prossimo Cdm

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Jana Gagliardi

Jana Gagliardi

Fontana a Occhiuto: "Nessun rischio disparità fra nord e sud, serve serietà". E da sinistra squallido tentativo a scapito del bene comune. Dalle opposizioni raccolte intanto in pochi giorni le 500mila firme necessarie per il referendum abrogativo d'iniziativa popolare

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E' a ridosso della chiusura estiva per ferie che la politica resta impegnata nell'intenso "confronto" sull'autonomia differenziata. Perché è dal consiglio dei ministri atteso per il 7 di agosto che dovrebbero arrivare le precisazioni chieste da Giorgia Meloni sui tempi del negoziato con le quattro Regioni del Nord che hanno già avviato la procedura, e perché a parte gli scontri con l'opposizione, la stessa maggioranza vede diverse posizioni al suo interno. Con Forza Italia e Lega su fronti non poco distanti.

La differenza di vedute è in campo da tempo ed è emersa con evidenza anche durante l'ultimo Consiglio dei Ministri, quando il "padre" della riforma Roberto Calderoli ha annunciato la richiesta di avvio di trattative per le intese da parte di Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte, e il vicepremier e segretario di Forza Italia Antonio Tajani ha ricordato la necessità di stabilire comunque prima i Lep, livelli essenziali di prestazione, con la preoccupazione per i possibili effetti negativi per le regioni del Sud.

Autonomia, il nodo dei Lep e le perplessità di FI

Certo, delle 23 materie totali previste la richiesta di autonomia può riguardare solo le 9 per cui non devono essere prima definiti i Lep (Rapporti internazionali e con l’Ue; Commercio con l’estero; Professioni; Protezione civile; Previdenza complementare e integrativa; Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; Organizzazione della giustizia di pace). Ma proprio in particolare le prime fra queste nove non lasciano indifferente il ministro degli esteri Tajani, che infatti ha già avvertito: non è che le Regioni si possono sostituire allo Stato in campi come l'export, che necessitano di una politica unitaria.

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Del resto le divergenze in particolare fra Lega, paladina della riforma, e Forza Italia, da sempre prudente in merito, è resa evidente anche dalle posizioni dei governatori sul territorio. Dalla Lombardia il presidente leghista Attilio Fontana replica seccamente a Roberto Occhiuto, vice di Tajani alla guida degli azzurri, che dalla Calabria aveva chiesto una moratoria al governo sui negoziati anche sulle materie non soggette ai Lep finché non possa essere garantita parità di diritti - sarebbe l'idea - fra le Regioni più ricche del Nord e quelle del Sud. Per Fontana - che ricorda il patto di maggioranza sul tema - questo rischio di disparità non esiste anzi l'autonomia non può che far bene a tutti. Ma se il presidente della Lombardia taglia corto con una certa ruvidezza sulle perplessità del collega, è alle opposizioni che riserva le critiche più dure. A quel centrosinistra che Fontana accusa di avere a suo tempo modificato la costituzione per prevedere una cosa che ora rinnega, dice, "nello squallido tentativo di ottenere consenso a scapito del bene comune".

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Da parte sua il centrosinistra, che contro l'autonomia differenziata ha ingaggiato una battaglia senza quartiere trovando su questo tema una forte compattezza, punta sul referendum abrogativo per spazzar via una norma che ha ribattezzato fin dall'inizio "spezza Italia". Referendum che per essere validamente proposto può essere chiesto da 5 Regioni oppure da 500mila cittadini. Entrambe le iniziative hanno già centrato il primo obiettivo: dopo l'ultimo ok del Consiglio regionale della Puglia la quota di 5 Regioni è stata raggiunta, con Campania (che è stata la prima), Emilia Romagna, Toscana, e Sardegna a proporre un quesito che intende abolire interamente la norma e l'altro per la modifica parziale. E nel frattempo le opposizioni, grazie anche alle sottoscrizioni on line, hanno raccolto in pochissimi giorni le 500mila firme necessarie per il referendum d'iniziativa popolare e non perdono occasione per sottolinearlo, a riprova del fatto, secondo il loro parere, che gli italiani bocciano questa riforma dell'autonomia.

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