Inchiesta Liguria, Toti: "La poltrona è un peso, farò scelte per il bene della regione"

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Il presidente ligure - agli arresti domiciliari dallo scorso 7 maggio con l’accusa di corruzione - oggi ha chiesto di incontrare il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e i due assessori regionali Giacomo Giampedrone e Marco Scajola. E in una lettera al suo legale risponde ai giudici del Riesame: "Ho capito benissimo cosa mi viene addebitato"

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"È chiaro che oggi per me la poltrona di Presidente è maggiormente un peso che un onore. Forse sarebbe stato più facile, fin da subito, sbattere la porta, con indignazione, al solo sospetto...Non mi spaventa rinunciare ad un ruolo a cui pure sono legato...". Lo scrive Giovanni Toti - il governatore ligure agli arresti domiciliari dallo scorso 7 maggio con l’accusa di corruzione - in una lettera al suo avvocato Stefano Savi. "Vedo come una liberazione poter ridare la parola agli elettori.... ma la Presidenza non è un bene personale... Nei prossimi giorni, con il permesso dei magistrati, tornerò ad incontrarmi con gli amici del movimento politico, gli alleati... E le scelte che faremo saranno per il bene della Liguria". Toti oggi ha chiesto di incontrare il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e i due assessori regionali Giacomo Giampedrone e Marco Scajola. L'istanza è stata presentata al giudice di Genova dal difensore Stefano Savi. Salvini sarà nel capoluogo ligure lunedì 15 luglio ma non è detto che l'incontro con il leader della Lega possa avvenire già quel giorno. I confronti serviranno anche per decidere su come proseguire il lavoro in Regione all’indomani della decisione del Riesame di lasciare Toti ai domiciliari.

La replica alla decisione dei giudici del Riesame

La decisione di lasciarlo ai domiciliari è stata motivata con il rischio che il governatore potrebbe reiterare il reato "in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse", hanno scritto nelle motivazioni i giudici.  "Ora, per tranquillizzare i giudici del Riesame, che ritengono io non abbia capito il reato commesso e dunque lo possa reiterare, vorrei essere chiaro: ho capito benissimo cosa mi viene addebitato. Per i magistrati sarebbe reato essermi interessato ad un pratica, pure se regolare, perché interessava ad un soggetto che ha versato soldi al nostro movimento politico, pure se regolarmente", replica Toti nella lettera al suo avvocato Stefano Savi. "Che, per paradosso, vuol dire che se mi fossi interessato alla stessa pratica di un imprenditore che non ci ha mai sostenuto, non sarei stato corrotto. - sostiene Toti - E se l'imprenditore avesse finanziato un movimento politico di cui così poco stimava la politica e i leader, tanto da non parlargli neppure dei suoi progetti, non sarebbe stato un corruttore. Mi si perdoni, ma pur capendo, non sono d'accordo. Pur avendo confermato ai magistrati punto per punto quanto accaduto, senza nascondere nulla. E tuttavia la reiterazione di quel reato resta impossibile".  

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