Napolitano, l'amico Ranieri: "Fino all’ultimo ha chiesto di Napoli"

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Gaia Bozza

Gaia Bozza

Il rapporto strettissimo con Napoli del Presidente emerito, raccontato dal suo "figlioccio" politico, concittadino e amico di sempre, Umberto Ranieri, che racconta come abbia chiesto della città fino al loro ultimo incontro

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Napoli e il Presidente emerito Giorgio Napolitano sono legati a doppio filo. Uno è quello più strettamente privato, l’altro politico. Tanto si è detto sul Napolitano politico e uomo delle istituzioni, una figura complessa che ha attraversato settant’anni di vita politica del Paese, da via Monte Doi Dio, a Napoli, la strada dove nacque, nel cuore della città che ha visto prendere corpo la sua vita politica. Qui entrò nel PCI e animando il gruppo dei miglioristi. Una costante di tutta la sua lunghissima carriera politica, dal Partito Comunista a Napoli al Quirinale, è stata il suo rapporto con il capoluogo partenopeo. Lo racconta Umberto Ranieri, suo figlioccio politico e amico di sempre. E’ un viaggio nel Novecento, in particolare negli anni napoletani, nel partito di massa che fu il PCI, ma non solo. Ranieri, ex senatore, ex sottosegretario, presidente della Fondazione Mezzogiorno Europa, premette: “Napolitano ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale nella mia vicenda politica e nella vicenda politica del Partito Comunista prima, poi del Pds, dei Ds, successivamente, e soprattutto è stato un punto di riferimento per tutti coloro che erano convinti della necessità di una assunzione sempre più esplicita da parte del partito comunista del carattere di forza socialdemocratica, socialista. E’ stata la personalità più autorevole di quella tendenza presente nel PCI che si batteva perché fosse esplicitamente acquisita la caratterizzazione di una forza riformista”

Napolitano e il rapporto con Napoli

Anche nel ruolo di Presidente della Repubblica, tutti ricordano la sua assidua frequentazione del capoluogo, col corredo di riti pubblici e privati, come il caffè d’inizio anno allo storico caffè Gambrinus, i soggiorni a villa Rosebery, le occasioni ufficiali alle quali non mancava mai.

“Napolitano amava Napoli – ricorda Ranieri -  ed era profondamente napoletano, il suo rapporto con la città di Napoli è un rapporto vitale per Napolitano. Ricordo che quando Erri De Luca, lo scrittore, scrisse il libro "Montedidio", Giorgio Napolitano inviò un messaggio a Erri De Luca per complimentarsi del libro e ricordargli che la sua adolescenza lui l’aveva vissuta a Monte Di Dio (una zona centrale della città, nel quartiere Chiaia, ndr) negli anni della Seconda Guerra Mondiale, ricordando la corsa per raggiungere il ricovero, nei sotterranei di Palazzo Serra di Cassano, durante i bombardamenti sulla città”. Per Napolitano, insomma, Napoli pare essere stata l’origine alla quale sempre si torna: “Giorgio ha rappresentato per tanti anni in Parlamento la città di Napoli – commenta Ranieri - lo ha fatto con efficacia e con onore, nel corso degli anni in cui ha avuto dirette responsabilità nella guida del Partito Comunista a Napoli, ha stabilito un forte rapporto con i lavoratori, con la classe operaia napoletana”.

“Napolitano ha chiesto della sua città fino all’ultimo incontro”

Poi si lascia andare ai ricordi personali “L’aspetto che maggiormente mi colpiva era da un lato il suo rigore, e poi l’umanità. Napolitano era un uomo con cui si poteva discutere di tutto. Conosceva ed era un appassionato di cinema, di musica, non disdegnava il calcio. Abbiamo visto insieme la partita Napoli-Fiorentina dello scudetto”. Napoli e l’essere napoletano come una stella polare: “Alcuni mesi fa – rivela - era già abbastanza provato dalla sua condizione fisica, dai suoi acciacchi, gli portai nel suo ufficio al Senato il libro che avevo scritto sull’Ucraina e anche allora, nel salutarlo, mi chiese di Napoli”. E quella è stata l’ultima volta che l’amico di sempre lo ha visto.  

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