La nuova puntata de "La Guida" di Massimo Leoni. Che ci aiuta, in questi giorni, a orientarci nel cammino verso le prossime elezioni
Le parole di Vladimir Putin irrompono nella campagna elettorale italiana. E costringono le forze politiche a parlare di guerra, piuttosto che delle sue conseguenze: l’inflazione, la crisi energetica, la recessione. In qualche modo, questi tre spettri ci sono un po’ più familiari. I baby boomers, i nati negli anni sessanta del secolo scorso, che oggi sono classe dirigente – anche politica – del paese, hanno conosciuto tutt’e tre quelle piaghe, anche più volte. E hanno imparato come si fa a minimizzarne gli effetti e andare avanti. Della guerra, di una guerra vicina che può diventare vicinissima, pochissimi invece mantengono memoria. E nessuno di questi è classe dirigente, per ovvi limiti di età. Per questo in campagna elettorale abbiamo sentito parlare poco del conflitto armato, di come andavano le cose in Ucraina, di come e quando il conflitto potesse finire e cosa il futuro governo potesse o dovesse fare. Poi, una mattina, presto, la voce e le minacce di Putin tornano a risuonare e di guerra bisogna parlare. La minaccia di guerra non è una cosa su cui un paese dovrebbe dividersi. Ma un paese in campagna elettorale è un animale diverso, la divisione è istintiva, è riflesso condizionato. Insieme a qualche amnesia. Allora Letta ricorda agli italiani i dubbi di Salvini sull’invio delle armi a Kiev e il legame ancora in essere tra la Lega e il partito di Putin. Ma tace sull’alleanza con Fratoianni, il cui no alle armi è stato finora senza dubbi. Salvini dice che la guerra ha posto fine alla sua amicizia e stima per il leader russo. Deve dirlo e c’è da augurarsi dica la verità. Conte si congratulava l’altro ieri per i successi sul campo degli ucraini e oggi parla – dopo Putin – di escalation militare incontrollabile e ne attribuisce la colpa a Washington e a un’improbabile coppia di amici italiani: Enrico Letta e Giorgia Meloni. Dopo il voto, qualunque sia l’esito, di tutto questo bisognerà fare a meno. Il segretario generale dell’Onu l’ha chiamata la tempesta perfetta. È assai improbabile che non investa anche il nostro paese. Allora i riflessi condizionati della campagna elettorale andranno messi da parte. Perché anche ci fosse un governo nettamente indicato dal voto, mettere in sicurezza la nave sarà compito, non facile, di tutti (VERSO IL VOTO, LO SPECIALE DI SKY TG24).