Le stelle esplose, il governo Draghi e le elezioni: cosa succede con la scissione del M5s

Politica

Massimo Leoni

La scissione non può essere senza conseguenze nei dintorni, più o meno immediati. L'analisi di Massimo Leoni

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La fine di un’epoca. Ma non di un governo, che di quell’epoca è stata e sarà l’ultima, forse più controversa espressione. Nel pieno della scissione del primo partito nella maggioranza e in parlamento, per Draghi è come se nulla fosse. Nulla concede alle istanze dei Cinquestelle, in quel momento non ancora scissi. E come in altre occasioni, vince lui. Il Movimento vota la mozione che non contiene nessuna delle sue battaglie, il piccone di Conte perde peso e numeri e lui - l’ex premier - non è più a capo della prima forza di maggioranza e, soprattutto, potrà contribuire sempre meno all’indirizzo politico del governo. Ancora meno di prima. Il che, attenzione, non vuol dire che l’unità nazionale navighi tranquilla verso la fine della legislatura. Governo non è solo politica estera in tempo di guerra. La tentazione di Conte potrebbe essere quella di non uscire, ma alzare sempre la voce. Esistere, insomma, fino alle elezioni. Potrebbero essere anticipate? Si, potrebbero. La prossima manovra di bilancio sarà passaggio complicato. L’economia di guerra, l’inflazione da energia, la Bce che non garantisce più come prima sullo spread. Ci sarà poca allegria nella finanza pubblica, e invece, in alcuni interventi fuori tema in un senato dove si parlava d’altro, i Cinquestelle hanno invocato manovre e provvedimenti sempre espansivi. Il compromesso sarà difficile, la tentazione di certificare l’esistenza in vita di Conte e i suoi, inevitabile.

Le conseguenze della scissione

C’è dell’altro. La scissione delle stelle non può essere senza conseguenze nei dintorni, più o meno immediati. Il campo largo lettiano, già apparso poco fertile nella tornata amministrativa, potrebbe diventare incoltivabile. La Lega, che non sembra pronta per una scissione, ha problemi però simili ai Cinquestelle, Salvini quasi un Conte di destra. Anche qui si potrebbe scegliere lo strillo, dimostrazione di esistenza e potere. Il cosiddetto centro, in fase che potremmo definire costituente, punterà sempre più su Draghi ancora e sempre a palazzo Chigi o, almeno, a qualche forma di Draghismo. Alla prima ipotesi supermario ha dato sempre segnali di indisponibilità. Su un draghismo senza Draghi, lecito avere qualche dubbio.

Ps. Chissà con quale legge elettorale ci faranno andare a votare.

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