Nonostante le scosse di aggiustamento all’interno delle forze politiche non si può ancora definire la lista dei favoriti alla Presidenza della Repubblica
Chiamale se vuoi emozioni. O scosse d’assestamento. O il tentativo di moltiplicare gli obiettivi, in un gioco di specchi che renda difficile colpire e affondare l’unico reale predestinato. Bisogna trovare un Virgilio per orientarsi nell’inferno della corsa al Quirinale. In questo momento, preferibilmente, di centro destra. Il nostro premette: siamo all’inizio. Anzi, non siamo ancora partiti. Tutto è scarsamente leggibile se l’intento è quello di capire chi sarà il prossimo inquilino del colle. E' la gara più imprevedibile di tutte, sempre. E oggi a maggior ragione. Perchè si intreccia con le sorti del governo in carica e del suo presidente del consiglio. Perchè parlare oggi di un candidato o di un altro significa spesso parlare delle sorti o dei progetti politici personali o di quelle del partito di appartenenza. Prendi Giorgetti per esempio. Ha parlato chiaro, apparentemente. Sia del candidato alla presidenza – per lui è Draghi, addirittura preconizzando una sorta di semipresidenzialismo per non privare completamente il paese della sua capacità di governo. Sia della Lega, a metà di un passaggio – europeismo o no, sovranisti o popolari – che è rimasto incompiuto per responsabilità di Salvini, suo segretario. Giorgetti vuole fare il segretario della Lega? Pensiero ingenuo, secondo la nostra guida. Il centro destra è saldo – le tentazioni di un terzo polo sembrano rientrate - e saldamente in mano a Berlusconi, Meloni e Salvini. E continuerà ad esserlo. Più probabile che Giorgetti – che parla raramente e mai a caso - voglia fare – o magari anche solo scegliere - il secondo semi presidente. Un leghista di governo, magari un governatore. Già, ma quando? Prima o dopo le elezioni? E quando ci saranno le elezioni? Altro mistero. Una volontà precipitosa sbaglia, ammonisce la guida, è presto. E però domani c’è il consiglio federale della lega, convocato in tutta fretta dal suo segretario. Salvini parlerà, sceglierà tono e conseguenze. Interessante contraddizione: il Carroccio è spaccato ma non si divide. Non può, non vuole. Solo emozioni, scosse d’assestamento. È presto.