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L’autunno caldo dei partiti, un filo che lega Amministrative, Quirinale e voto anticipato

Politica

Massimo Leoni

Lo snodo elettorale delle elezioni di autunno avrà un ruolo nella partita del Colle. E, forse, anche su un possibile voto anticipato. Intanto le forze politiche sono al lavoro tra strategie e campagna elettorale 

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Per chi non se ne fosse accorto, le elezioni anticipate ci sono. E ancora, per i più distratti, ricordiamo le date: 3 e 4 ottobre. Quando la politica nazionale è tutto e solo governo da un po’ di mesi – Fratelli d’Italia a parte -, quando diventa notizia che i leghisti votano in Parlamento insieme a Meloni e compagnia, le Amministrative rischiano di diventare il solo luogo dove l’homo politicus può esercitarsi per capirci qualcosa. Ma anche il momento in cui gli equilibri del 2018 potrebbero diventare solo un ricordo e la composizione del Parlamento una foto sbiadita, che conta ancora nel presente ma del futuro racconta poco o niente.

La nuova sfida del M5S

Le battaglie per le Comunali dicono di un Paese che riscopre il bipolarismo, per amore (al primo turno) o per forza (agli eventuali ballottaggi). Il terzo polo - il primo nel 2018 - si vede appena: i Cinquestelle si presentano al giudizio degli elettori solo in teatri selezionati (da loro), a volte accanto al Pd e quindi già dentro una logica bipolare.

Il Pd cerca conferme

La sinistra vuole dimostrare ancora una volta di avere sul territorio la classe politica più radicata e apprezzata. Ed è un fatto che Renzi e i suoi si trovino – ancora e quasi invariabilmente - da quella parte. I cambi di geografia politica sono quanto meno rimandati, ammesso che i numeri di Italia Viva possano cambiare qualsiasi geografia.

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La scommessa delle destre

La destra presenta spesso candidati poco noti, frutto di una trattativa assai complicata e il cui risultato è piuttosto scarso. Ma proprio per questo, qualsiasi affermazione rafforzerebbe l’idea che il Centrodestra è vincente e lo sarà – a maggior ragione – alle Politiche. Il desiderio di anticiparle sarebbe quasi irresistibile ma, pure, di difficile soddisfazione. La sola defezione della Lega non farebbe cadere il governo, Forza Italia non ha nulla da guadagnare dalla caduta di Draghi.

Il futuro di Draghi

Forse – paradossalmente – Draghi avrebbe da guadagnare dalla sua stessa caduta. Si ritroverebbe a essere il più forte candidato per il Quirinale, anzi l’unico. Ma c’è un limite a tutto. Potendo, scommetterei che Draghi e Mattarella lo hanno già tracciato, insieme. E intanto mi guarderei cosa succede a Milano, Roma, Napoli e Bologna, soprattutto.

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