Scatta oggi per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella il cosiddetto "semestre bianco". Un fase - quella finale del settennato - che prevede alcune regole ben precise per l'esercizio delle sue funzioni. Ma di cosa si tratta e cosa comporta?
Cos’è, cosa rappresenta, perché fu introdotto e, soprattutto, quanto e come limita l’attività del Capo dello Stato? Parliamo del cosiddetto "semestre bianco". Un istituto previsto espressamente dalla Costituzione, sconosciuto ai più, ma che può impattare e non poco sulla vita politica, parlamentare e sul funzionamento stesso delle istituzioni.
Cos'è
Si tratta del periodo che separa il Presidente della Repubblica dalla fine dei suoi sette anni al Quirinale. Mesi durante i quali i Capi dello Stato di fatto vedono venir meno il loro potere forse più significativo, o quanto meno più impattante sull’andamento dell’attività politica: la possibilità cioè di sciogliere le Camere. A regolare il tutto è l’articolo 88 della Carta costituzionale. "Il presidente della Repubblica - si legge - può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura".
La modifica del 1991
Questa seconda parte venne introdotta con una modifica grazie alla legge costituzionale del novembre del 1991. In precedenza infatti la regola del semestre bianco era assoluta. Tuttavia nel 1992 si andava a prefigurare una situazione paradossale: la legislatura stava per terminare ma l’allora presidente Cossiga non avrebbe potuto sciogliere le Camere perché anche il suo mandato era in scadenza e queste, a loro volta, non avrebbero potuto eleggere un nuovo Presidente della Repubblica senza violare 'art. 85 della Costituzione. E così, per superare la situazione di stallo, venne introdotta tale eccezione.
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Il perchè del Semestre bianco
Quali sono le ragioni che spinsero i costituenti a introdurre questo istituto? Si partì dall’idea di questo scenario: un presidente della Repubblica, nella speranza di essere rieletto, avrebbe potuto esercitare pressioni sulle Camere oppure arrivare ad agire direttamente, quando il settennato fosse arrivato al suo epilogo, per sbarazzarsi di un Parlamento a lui ostile, confidando magari nel favore di una nuova legislatura e quindi di nuovi parlamentari. Proprio per scongiurare questi rischi si decise di limitare tale possibilità a ridosso della fine del mandato presidenziale.
Semestre bianco ma non troppo
Bianco ma non troppo. Il semestre finale del settennato, Costituzione alla mano, limita il Capo dello Stato quanto meno della possibilità di sciogliere le Camere. Si tratta di un’arma non da poco, persuasiva, forte, incisiva, sulle forze politiche e parlamentari soprattutto. Ma questo non significa un ridimensionamento dell’attività e dei poteri complessivi del Colle. Solo per ricordare uno degli ultimi episodi, in occasione della firma sul Decreto Sostegni bis, il Presidente ha segnalato ancora una volta con decisione gli abusi che si ripetono in materia di decretazione di urgenza, troppe volte sovraccaricati di aggiunte poco attinenti alla materia in oggetto. Un richiamo già fatto nel settembre dello scorso anno. E ora ribadito. Non solo però segnalazioni. Il Presidente può rinviare alle Camere i provvedimenti, senza promulgarli, almeno in un primo passaggio, e ancora, può inviare messaggi al Parlamento, può arrivare alle dimissioni anticipate per rompere situazioni di paralisi istituzionale. Poteri che quindi spiegano come l’ultima fase del mandato presidenziale rappresenti un ipotetico depotenziamento della forza persuasiva del Colle. Ipotetico, però. Semestre bianco ma non troppo appunto.
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L'agenda e il difficile contesto politico
Del resto il contesto nel quale cade il semestre appare complesso per usare un eufemismo. Delicato quantomeno. Già, perché all’orizzonte non c’è solo -si fa per dire- la corsa al Quirinale, che da sempre destabilizza il quadro politico, ma c’è una fase emergenziale che ancora non appare affatto definita nelle proiezioni dei contagi e dell’impatto economico e sociale sul Paese. Per non parlare del Recovery Plan e di quelle riforme necessarie per attivare i progetti e accedere ai fondi del next generation. Riforme inevitabili per l’Europa. Un percorso su cui vigilare quindi. Che rischia non a caso di essere accidentato, minato da provvedimenti divisivi come il ddl Zan (la riforma della Giustizia ne è stata un primo esempio) e ancora il nuovo Fisco in cantiere, la ripartenza della Scuola a settembre e poi la campagna elettorale per le Amministrative sempre in autunno in diverse città simbolo, a cominciare da Roma e Milano. Insomma mesi complicati in vista. E tanto da fare.