D'Incà: "Entro la fine dell'anno" verrà prodotto un testo definitivo. Si privilegia "un meccanismo antiframmentazione". Da scegliere il sistema da adottare: con soglia nazionale (al 4 e al 5%) o con soglia circoscrizionale, cioè il cosiddetto sistema spagnolo
La decisione della maggioranza è chiara: se ci sarà una riforma della legge elettorale, sarà in chiave proporzionale, ma con correzioni. A confermarlo è stato il ministro per le Riforme, Federico D'Incà, al termine del vertice di maggioranza di mercoledì. "Entro la fine dell'anno", non oltre il 20 dicembre, ha spiegato, verrà prodotto un testo definitivo.
Le varianti sul proporzionale
Sono ancora molti, però, gli aspetti al vaglio dell’esecutivo. Il primo è quello sul tipo di proporzionale da adottare: si privilegia quello “con un meccanismo antiframmentazione”, fa sapere D'Incà. Si ragiona su due principali varianti, come mostra la serie di proiezioni portate dal ministro al vertice: con soglia nazionale (al 4 e al 5%) o con soglia circoscrizionale, cioè il cosiddetto sistema spagnolo. Quest'ultimo garantisce ai partiti in bilico nel raggiungimento di una soglia nazionale (appunto 4-5%) di poter eleggere dei parlamentari almeno nelle grandi circoscrizioni urbane, garantendogli un diritto di tribuna, specie in Senato.
Le tempistiche
Al bivio sul sistema da adottare, se ne accoppia un secondo sul contenuto della legge: voto di preferenza, brevi listini bloccati o ancora collegi uninominali come il modello in vigore per il Senato fino al 2006. L'altra scelta di fondo, di natura politica, è la velocità con cui procedere con la riforma elettorale. Mandarla avanti rapidamente, per alcuni, rischia di accelerare la fine della legislatura. Ma c'è anche chi sottolinea che se per una qualsiasi ragione dovesse cadere a breve il governo, prima di avere la nuova legge, si voterebbe con il Rosatellum, un vantaggio per la Lega di Salvini che, se Pd e M5s non si alleano, potrebbe vincere quasi tutti i collegi uninominali. Al tema delle tempistiche si affianca poi quello della eventuale richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari che va presentata entro il 12 gennaio. Se verranno raccolte le 65 firme necessarie in Senato (per ora hanno firmato in 52 senatori), l'entrata in vigore del taglio dei parlamentari slitterà a dopo lo svolgimento del referendum (aprile-maggio). Questo però potrebbe indurre qualche partito a far cadere la legislatura prima, per poter rieleggere un Parlamento con 945 eletti anziché 600.