Autonomia, accordo col ministero dell’Economia: parte delle tasse resterà al Veneto
PoliticaL'annuncio del viceministro Garavaglia e del ministro agli Affari regionali Stefani: "Per la parte finanziaria è tutto a posto". Zaia: "Riforma storica, sì a firma". Il 14 febbraio testo in Cdm. Il governatore De Luca: "Pronti a bloccare autonomia differenziata"
Autonomia della regione Veneto, c'è l'accordo col ministero dell'Economia: entro cinque anni al Veneto verrà riconosciuta una compartecipazione delle imposte. In altre parole, la regione di Luca Zaia potrà tenere parte delle tasse. A dare l'annuncio della storica intesa sono Massimo Garavaglia, viceministro dell'Economia, e Erika Stefani, ministro agli Affari Regionali, che in una nota congiunta rendono conto dell'incontro tecnico al Mef: "Per la parte finanziaria è tutto a posto".
Autonomia "differenziata"
La bozza di intesa - autonomia "differenziata" di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna - approda in Consiglio dei ministri giovedì 14 febbraio, dopo l'impegno preso dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di siglare un accordo entro la metà del mese.
L'accordo
L'accordo raggiunto tra la regione Veneto e il Mef sulla parte finanziaria, spiegano Garavaglia e Stefani, "prevede l'approdo ai costi e fabbisogni standard partendo da una fase iniziale calcolata sul costo storico. La copertura sarà a saldo zero e le risorse sono garantire tramite la compartecipazione di imposte".
"Vogliamo rassicurare tutti - proseguono - ogni preoccupazione sull'impianto generale dello Stato è del tutto infondata. Nessuna misura di solidarietà nazionale verrà meno e mai saranno sottratte risorse da un territorio in favore di un altro. Ricordiamo che l'efficientamento della spesa pubblica nelle singole regioni genera un beneficio a tutto l'impianto statale. L'attribuzione delle competenze è un avvicinamento dell'amministrazione pubblica ai cittadini affinché vedano e valutino direttamente il lavoro compiuto dagli amministratori. Siamo positivi".
Zaia: "Riforma storica"
Il passaggio in Consiglio dei Ministri di domani è fondamentale, ricorda il governatore della regione Veneto Luca Zaia. "Certo è - spiega - che siamo di fronte a una riforma storica e, come tutte le riforme storiche e i grandi cambiamenti (pur se assolutamente in linea con la Costituzione vigente), ha il suo giusto travaglio”.
De Luca: "Pronti a tutto per bloccare autonomia differenziata"
Entusiasmo quello di Zaia, che non viene condivisio dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, pronto a guidare la rivolta delle amministrazioni del Sud. "Faremo di tutto - tuona il Governatore campano - per bloccare il processo dell'autonomia differenziata se vengono meno le questioni di contenuto e metodo democratico. Siamo pronti al ricorso alla Corte Costituzionale, alla mobilitazione sociale e alla lotta".
Il progetto leghista, tuttavia, divide trasversalmente e 'geograficamente' tutti i partiti: nel Pd, ad esempio, contrario, oltre a De Luca, anche il Presidente della Puglia, Michele Emiliano; sostanzialmente favorevoli, seppure con toni assai diversi da quelli della Lega, invece, i governatori dem del Nord, come Sergio Chiamparino e Stefano Bonaccini. Stesso discorso dentro Forza Italia.
Non solo Veneto
Il passaggio in Cdm segue la lunga trattativa iniziata dopo l'insediamento del governo e naturale sviluppo del percorso avviato con i referendum di Lombardia e Veneto nell'ottobre del 2017 e del dialogo con il governo precedente, guidato dal democratico Paolo Gentiloni. Il tema è l'acquisizione da parte delle Regioni interessate di maggiori competenze, diritto sancito dall'articolo 116 della Costituzione nei limiti di 'manovra' fissati dall'articolo 117, e come deciso dalla riforma del Titolo V della Carta. Per ogni competenza 'conquistata', la Regione potrà quindi chiedere allo Stato un "trasferimento di risorse" per sostenere, in base al calcolo del "costo storico", le spese relative alla copertura di quel servizio.
Oltre alle Regioni a guida leghista, il Veneto di Luca Zaia e la Lombardia di Attilio Fontana, l'intesa riguarda anche l'Emilia-Romagna del dem Stefano Bonaccini, che non ha svolto il referendum consultivo ma avviato il percorso in Consiglio regionale. Le altre Regioni che, a detta di Stefani, hanno presentato una domanda o manifestato interesse a seguire l'esempio delle capofila sono Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Marche.