Il metodo Tria

Politica

Massimo Leoni

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Quanto dura il ministro dell'Economia? All'inizio c'era scetticismo al Mef. Ma ora...

Solo un cenno alla scomparsa di Sergio Marchionne. Aveva il talento dei sogni. E aveva la grande capacità di dargli la solidità necessaria per realizzarli. Non voglio discutere della qualità di quei sogni. Ma credo che quel talento e quella capacità, finalmente unite, sarebbero assai utili alla politica italiana.

I “giochi” oggi riguardano il ministero dell’Economia. E sono tutti racchiusi in una domanda, quanto dura Giovanni Tria? Se lo sono chiesto tutti, fin dall’inizio, a via XX settembre. Corridoi lunghi, poca luce e scetticismo palpabile. Risposta prevalente: poco, dura poco. In un mese e mezzo è cambiato, se non tutto, molto. Perché il tecnico in cima ai desideri di nessuno (perché tecnico e perché, soprattutto, non è Paolo Savona) ha un metodo. E lì, negli stessi corridoi, cominciano a chiamarlo “metodo Tria”. Dove la continuità non è un difetto, ma nemmeno necessariamente un pregio. Dove le nomine non si propongono o si fanno a dispetto degli equilibri politici gialloverdi, ma se qualcuno si indispettisce, pazienza. Dove sulle cose di competenza istituzionale del Mef, si ascolta la politica ma è il ministro dell’economia che decide. Dove si lasciano le battaglie perse, per vincere le altre. Dove si fa tutto con calma: le interviste (finora: una al Corriere, un’altra al Washington Post), gli account twitter (Tria non ne ha ancora uno, wow!), la comunicazione on line (notizie centellinate anche a chi deve occuparsene), i viceministri (non ci sono ancora le deleghe, sul sito del Mef Laura Castelli è “solo” sottosegretario).

Qualche esempio del “metodo”? Passata la bufera delle manine sul decreto dignità, alla Ragioneria generale dello Stato resta Daniele Franco. Il capo di gabinetto Roberto Garofoli, mai messo in discussione. Fabrizia Pecorella, direttore generale delle Finanze, altra conferma. La battaglia persa è sul direttore generale di Cassa Depositi e Prestiti: Tria voleva Dario Scannapieco, ha accettato Fabrizio Palermo. Ma l’uomo che qualche giorno prima il consiglio dei ministri aveva bocciato come direttore generale del Mef, Alessandro Rivera, guarda un po’: è il direttore generale del Mef. Sempre in conseguenza del “metodo” a via XX settembre giurano che l’azzeramento dei vertici di Ferrovie, non è questione subìta, ma del tutto condivisa con ministero dei Trasporti. Cioè: Tria con le Ferrovie c’entra, eccome. E non fa decidere Toninelli.

Finisco. Qualcuno ha mai sentito dire da Tria che il reddito di cittadinanza e la flat tax non si possono fare? Vediamo. Studiamo. Con calma. Non facciamo dispetti, soprattutto alla realtà. E se qualcuno si indispettisce, pazienza. Il metodo Tria.

Consiglio per l’ascolto: “Ed io tra di voi”, Charles Aznavour.

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