"Auspico che nessuno si opponga" ha detto il ministro dell'Ambiente su un'eventuale azione della magistratura sul decreto legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Una mamma di Taranto scrive a Napolitano: "Ha firmato la nostra condanna"
"Mi interessa far ripartire l'azione di risanamento e mi auguro che nessuno si opponga a questo obiettivo che è sempre più urgente". Così il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, interpellato su un'eventuale azione della magistratura sul decreto legge sull'Ilva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. "Io sto alla legge ed è quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Se qualcuno vuole rispettarla non è questo di cui mi occupo. Mi interessa far ripartire il risanamento". E mentre i legali dell'azienda di Taranto hanno chiesto alla Procura applicazione decreto governo, una mamma ha inviato una lettera aperta al presidente della Repubblica che lunedì 3 dicembre ha firmato il provvedimento approvato d'urgenza da Palazzo Chigi: "Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte. E invece ha firmato la nostra condanna".Ha firmato la nostra condanna" denuncia la donna.
Lettera aperta a Napolitano - "Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro, e non solo, li guardi negli occhi e sostenga il loro sguardo, se ci riesce, gli spieghi perché lo Stato ha preferito darli in pasto al 'Mostro', quel mostro che ha distrutto il nostro mare, violentato la nostra terra, insozzato il nostro cielo". Questo quanto scrive Tonia Marsella, cittadina tarantina, al presidente della Repubblica. E aggiunge: la nostra è una città "sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt'oggi agli arresti domiciliari o addirittura latitanti - scrive Marsella -. Come credere ancora nello Stato Italiano? Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita? A Taranto c'è un'ordinanza del sindaco che vieta il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all'area industriale, ma in quei 20 km noi ci viviamo. Vivono i nostri bambini. Le pecore e le capre sono state uccise. Ora lo Stato uccide anche noi, per decreto. Ho bisogno di sapere da lei, signor presidente, cos'hanno di diverso i bambini di Genova rispetto ai nostri".
Legale dell'azienda chiede alla procura l'applicazione del decreto - Il legale dell'Ilva di Taranto, intanto, ha presentato al giudice per le indagini preliminari un'istanza per chiedere l'applicazione immediata del decreto legge sullo stabilimento siderurgico varato la scorsa settimana dal governo. Lo ha riferito lo stesso avvocato, Egidio Albanese. La richiesta è di dissequestrare, in base al dl, l'area a caldo dell'impianto - sequestrata dai magistrati a fine luglio nell'ambito di un'inchiesta su disastro ambientale - nonché il prodotto finito e semilavorato bloccato il mese scorso per una parallela inchiesta su corruzione.
L'avvocato ha anche rinunciato al ricorso al Riesame per non dare l'occasione alla Procura di Taranto di sollevare l'incostituzionalità del decreto legge governativo, intenzione già riferita nei giorni scorsi da una fonte giudiziaria.
Il Consiglio dei ministri ha approvato venerdì scorso un decreto che nomina un garante per il rispetto delle norme anti-inquinamento e revoca di fatto i provvedimenti di sequestro e confisca della magistratura. Il sito tarantino, con 8,5 milioni di tonnellate di acciaio nel 2011, è il più grande impianto siderurgico europeo e garantisce 20.000 posti di lavoro. In caso di violazioni l'azienda rischia multe fino al 10% del fatturato e nei casi più gravi l'amministrazione controllata e la perdita della proprietà da parte del Gruppo Riva.
Lettera aperta a Napolitano - "Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro, e non solo, li guardi negli occhi e sostenga il loro sguardo, se ci riesce, gli spieghi perché lo Stato ha preferito darli in pasto al 'Mostro', quel mostro che ha distrutto il nostro mare, violentato la nostra terra, insozzato il nostro cielo". Questo quanto scrive Tonia Marsella, cittadina tarantina, al presidente della Repubblica. E aggiunge: la nostra è una città "sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt'oggi agli arresti domiciliari o addirittura latitanti - scrive Marsella -. Come credere ancora nello Stato Italiano? Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita? A Taranto c'è un'ordinanza del sindaco che vieta il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all'area industriale, ma in quei 20 km noi ci viviamo. Vivono i nostri bambini. Le pecore e le capre sono state uccise. Ora lo Stato uccide anche noi, per decreto. Ho bisogno di sapere da lei, signor presidente, cos'hanno di diverso i bambini di Genova rispetto ai nostri".
Legale dell'azienda chiede alla procura l'applicazione del decreto - Il legale dell'Ilva di Taranto, intanto, ha presentato al giudice per le indagini preliminari un'istanza per chiedere l'applicazione immediata del decreto legge sullo stabilimento siderurgico varato la scorsa settimana dal governo. Lo ha riferito lo stesso avvocato, Egidio Albanese. La richiesta è di dissequestrare, in base al dl, l'area a caldo dell'impianto - sequestrata dai magistrati a fine luglio nell'ambito di un'inchiesta su disastro ambientale - nonché il prodotto finito e semilavorato bloccato il mese scorso per una parallela inchiesta su corruzione.
L'avvocato ha anche rinunciato al ricorso al Riesame per non dare l'occasione alla Procura di Taranto di sollevare l'incostituzionalità del decreto legge governativo, intenzione già riferita nei giorni scorsi da una fonte giudiziaria.
Il Consiglio dei ministri ha approvato venerdì scorso un decreto che nomina un garante per il rispetto delle norme anti-inquinamento e revoca di fatto i provvedimenti di sequestro e confisca della magistratura. Il sito tarantino, con 8,5 milioni di tonnellate di acciaio nel 2011, è il più grande impianto siderurgico europeo e garantisce 20.000 posti di lavoro. In caso di violazioni l'azienda rischia multe fino al 10% del fatturato e nei casi più gravi l'amministrazione controllata e la perdita della proprietà da parte del Gruppo Riva.