Liberalizzazioni in Aula. Sciolti i nodi taxi e farmacie

Politica

Nuovi punti vendita ogni 3300 abitanti, potere ai sindaci sulle licenze delle auto. Dopo l’ok della Commissione industria al Senato, dove è stata trovata l’intesa sui punti di divisione, il decreto approda a Palazzo Madama. Pdl e Pd: testo migliorato

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Il decreto liberalizzazioni supera il primo passaggio parlamentare, quello della commissione Industria del Senato che nella tarda serata del 28 febbraio ha licenziato il provvedimento, dopo che sono stati sciolti gli ultimi nodi, e cioè taxi e farmacie. La questione della Tesoreria unica, che angustia Regioni e comuni, sarà invece risolta nel decreto fiscale. Le ultime limature al testo apportate dai senatori rafforzano le misure a tutela dei consumatori nei loro rapporti con le banche, per esempio con l'eliminazione delle clausole per l'apertura delle linee di credito. Il provvedimento sarà esaminato da Palazzo Madama oggi, mercoledì 29 febbraio. I gruppi parlamentari hanno presentato 1.700 emendamenti al decreto legge, ma più della metà sono stati dichiarati inammissibili.

Nel braccio di ferro tra il governo e il Pdl sulle farmacie, il primo ha sostanzialmente tenuto la linea sul tetto degli abitanti per ciascuna farmacia, facendolo salire dai 3.000 del decreto a 3.300; ma comunque ben al di sotto dei 5.000 stabiliti dall'attuale normativa e dei 4.000 chiesti dal Pdl. In più cade un vincolo per le parafarmacie: potranno vendere le medicine che l'Aifa toglierà dalla lista di quelle di fascia C anche nei piccoli comuni, e non più solo in quelli oltre i 12.500 abitanti. E ancora le parafarmacie potranno vendere prodotti galenici e prodotti veterinari con ricetta. Tutto ciò ha fatto esprimere "amarezza" a Federfarma.

Il Pdl porta invece a casa le norme sui taxi: le licenze rimarranno in capo ai sindaci e non all'Autorità per i trasporti che potrà al massimo ricorrere al Tar se i comuni non seguiranno le proprie direttive. E anche sui professionisti il Pdl strappa varie modifiche: gli avvocati non dovranno più fare obbligatoriamente un preventivo scritto, e altre loro richieste sulle società di professionisti sono state recepite. Tutti motivi che spingono il capogruppo Maurizio Gasparri a parlare di decreto "migliorato".

C'è poi la corsa a rivendicare la paternità degli emendamenti, e sono numerosi, che rafforzano le tutele dei consumatori nei riguardi di banche e assicurazioni. Sono passate per esempio due modifiche del Pd che eliminano le clausole "qualsiasi sia la loro denominazione" sull'apertura e la tenuta di linee di credito. E anche le ipoteche su vecchi mutui ormai estinti saranno cancellate "automaticamente" senza dover andare dal notaio, come avviene oggi. "Noi non chiediamo che le banche non traggano profitti dalla loro attività, ma ciò deve avvenire nella trasparenza", ha detto Filippo Bubbico (Pd) che insieme a Simona Vicari (Pdl) ha svolto il ruolo di relatore e di costruttore di sintesi.

La commissione ha pure introdotto il cosiddetto "rating antimafia", fortemente voluto dal presidente del Senato Renato Schifani, che diverrà "uno strumento premiale nell'accesso al credito ed alle agevolazioni pubbliche", come ha spiegato Vicari. E' invece del Pd, con prima firma di Luigi Zanda, l'emendamento che toglie alla Protezione civile la gestione degli appalti per i Grandi eventi: dovranno essere fatte d'ora in poi regolari gare e non più affidamenti diretti alle imprese. Pratica che è alla base di molti episodi di corruzione all'attenzione della magistratura. Queste norme sono blindate, nel senso che l'accordo tra i partiti che sostengono il governo è solido e reggerà in aula.

Più insidioso il discorso sulla tesoreria unica: qui oltre alla Lega anche il Pd registra malumori tra le sue fila, cosa che dipende dall'alto numero di amministratori locali Democrat. Se quindi mercoledì pomeriggio, quando il testo approderà in aula, il governo troverà emendamenti sulla Tesoreria anche a firma Pd, presumibilmente porrà la fiducia sul testo licenziato dalla commissione. Nel frattempo verrà approvato in Aula un ordine del giorno che impegna il governo a risolvere la questione nel decreto fiscale.

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