Pd, un altro problema: si chiama legge elettorale

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Mentre continuano le polemiche per la questione morale legata all'indagine su Penati, Prodi annuncia: "Firmerò per il referendum". Contraddicendo la linea espressa da Bersani e scatenando dissensi all'interno del partito

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Non bastasse la questione morale legata al caso-Penati, ad agitare le varie anime del Pd ci si mette anche - e di nuovo - la riforma della legge elettorale.
In barba al 'richiamo all'ordine' lanciato da Bersani in prima persona ("le leggi elettorali si fanno in Parlamento e il gruppo dirigente deve rispettare la posizione" della segreteria), la spinta referendaria interna al Pd torna - a ridosso della ripresa dei lavori parlamentari - ad alzare la voce.
A dare 'linfa' ai promotori del referendum ci pensa Romano Prodi che con un intervento sul web promette: "Appena torno a Bologna vado a firmare".

Un annuncio che scuote il Partito Democratico e che fa ripartire il dibattito (e le polemiche) interne.
Se il professore, infatti, dice che "è tempo di restituire ai cittadini italiani il diritto di scegliere i propri rappresentanti" e che "bisogna farlo prima che sia troppo tardi", cioè prima delle nuove elezioni, c'è anche chi (come Giorgio Merlo) legge negli atteggiamenti di chi "si fa paladino e fautore della proposta referendaria" una volontà "di indebolire, se non ridicolizzare, il Pd".

"Non credo che nessuno possa considerare una notizia la scelta oggi dichiarata da Romano Prodi a favore del Referendum abrogativo di quell'infame Porcellum", esulta invece Arturo Parisi.
"La notizia - sottolinea il coordinatore del comitato pro-referendum - è l'invito rivolto ai cittadini perché ognuno come lui vada a firmare non appena possibile nel proprio comune o presso i banchetti di raccolta".

Augurandosi un 'effetto contagio', Parisi si rivolge anche a chi - all'interno del partito - "pur condividendo gli stessi obiettivi, esita ancora nel trarne le doverose conseguenze".
Per la dirigenza Pd, a parlare, arriva Enrico Letta, che pur non volendo polemizzare (ci penseranno altri al suo posto) concede solo un avallo di massima a tutto ciò che "possa abbattere la legge porcata".
Insomma, va bene tutto, ma il partito - ufficialmente - prosegue per la propria strada.
"Noi vediamo tra gli elettori democratici un moltiplicarsi di posizioni tanto che quella ufficiale del partito non è più sufficiente", controbattono i referendari che polemizzano anche per la 'guerra di resistenza' con cui i vertici del Pd hanno accolto - e molto più spesso respinto - la richiesta di ospitalità dei gazebo referendari alle feste dell'Unità.

Con i tempi che si restringono (le 500.000 firme vanno raccolte entro il 25 settembre) e la consapevolezza che si tratti di "un'impresa disperata", i referendari però non mollano e insistono.
Grazie, soprattutto, alle nuove adesioni che stanno raccogliendo (ora Prodi, prima Fassino).
"E' curioso - insiste però Merlo - che sulla legge elettorale autorevoli esponenti del Pd abbiano iniziato una fronda all'interno del partito indebolendo, di conseguenza, la proposta di riforma del porcellum presentata da Bersani e avallata dalla stragrande maggioranza dei gruppi parlamentari. Sarebbe questo - chiede e chiude polemicamente - l'attaccamento al partito e il modo per renderlo più forte e unito agli occhi della pubblica opinione e degli altri partiti?".

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