Fascismo & Co.: l'eterno ritorno del Duce in politica

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Dal copia-incolla del manifesto futurista da parte dei Responsabili, al Ddl per abolire la norma che vieta la riorganizzazione del partito fascista, dalle frasi su Mussolini alle barzellette sugli ebrei: rassegna del rapporto (irrisolto) con il Ventennio

di Filippo Maria Battaglia

Saranno pure “coincidenze che capitano”, come ha detto il diretto interessato, in un’intervista al Corriere della Sera. Ma sono coincidenze che negli ultimi tempi capitano piuttosto spesso. Il copia-incolla del Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile finito (quasi) di sana pianta in un altro manifesto decisamente meno noto, quello del Movimento di responsabilità nazionale di Domenico Scilipoti, è infatti solo l’ultimo episodio di una lunga serie di citazioni e traduzioni ripresi dal ventennio mussoliniano. L’ex deputato Idv, ora sostenitore del governo berlusconiano, smascherato da un biologo su Facebook, giura di non “avere copiato niente”: “Può anche darsi che qualcuno, in precedenza, abbia parlato con lo stesso linguaggio che uso oggi…”.
Sarà. Scilipoti a parte, l’interesse per il Duce e il suo regime pare però crescere di giorno in giorno tra i politici di centrodestra.

Tra le più recenti, l’iniziativa di sei senatori (cinque del Pdl e uno di Futuro e libertà), che il 29 marzo hanno deciso di depositare un disegno di legge costituzionale per abolire la XII norma transitoria della Costituzione che vieta la “riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”.
Nostalgici? Macché. A sentire loro, “nessuno ha mai pensato di avviare una battaglia di tipo ideologico fuori dal tempo e dalla storia”. Al contrario: “Il nostro ddl – recitava la nota dei parlamentari – si prefigge di intervenire su una noma transitoria che per sua stessa natura era quindi destinata, secondo la volontà dei padri costituenti, a valere per un tempo limitato”. Solo una questione tecnica, dunque. Almeno nelle intenzioni.

Una sortita solitaria? Niente affatto. Di fascismo, negli ultimi anni, si è tornato spesso a parlare. Con insulti, evocazioni controverse e a volte insospettabili revisionismi, tutte firmate centrodestra.
Capita nel marzo 2008, in piena campagna elettorale, quando l’editore Giuseppe Ciarrapico, candidato nella lista del Pdl, in un’intervista a Repubblica, dice di non “aver mai rinnegato il fascismo”. Scandalo, bufera prima della correzione di tiro: “Ho sempre condannato la perdita della democrazia e delle leggi razziali”.
E capita pure nell’ottobre dello stesso anno, al convegno della Destra (allora, ancora antiberlusconiana): “Siamo democratici ma non ci sottoponiamo al rito obbligatorio dell'antifascismo'', dice Storace prima che gli organizzatori del partito facciano rimuovere dal congresso due bandiere con tanto di croce celtica e simbolo della decima Mas.

Simbolo che riappare – ma questa è cronaca davvero recente - al convegno organizzato per i 150 anni dell'Unità d'Italia cui hanno partecipato anche il sindaco Moratti e il ministro della Difesa Ignazio La Russa. 
Giudizi e intemerate revisioniste non arrivano però solo dal fronte duro e puro dei postfascisti o dei nostalgici.
È il novembre 2008 quando Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, sodale di vecchia data del premier e bibliofilo (a lui si deve il controverso ritrovamento dei diari del Duce, da molti storici considerati falsi) dice pubblicamente che “l’antifascismo è un concetto obsoleto”. E aggiunge: con Mussolini, ''che era un uomo di valore dal punto di vista sia umano che culturale'', ''c'era più Stato".
Più o meno nello stesso periodo, Gianni Alemanno, sindaco di Roma chiosa: ''Le leggi razziali sono state il male assoluto, non fu così tutto il fascismo'', prendendo così le distanze dalle celebri parole del presidente della Camera Fini che proprio di male assoluto parlato definendo il ventennio mussoliniano, scatenando un putiferio di reazioni nel suo partito, An.

E finiscono nella bufera anche i ministri: come nel caso di quello del Turismo, Michela Brambilla, immortalata a giugno dello scorso anno con il braccio teso, alla festa dell'Arma dei Carabinieri di Lecco (“Nessun saluto romano” è la replica). Stesso copione, e stessa replica, da parte del governatore laziale Renata Polverini (fotografata durante i festeggiamenti post-elettorali). O, ancora, come le polemiche seguite a due delle tante barzellette del premier, incentrate su Hitler e sugli ebrei.
E mentre i giornali di destra allegano i diari, i discorsi e le testimonianze di Mussolini, la carica iconoclasta non risparmia neppure le ricorrenze.
Su tutte, quella della Liberazione, il 25 aprile, giorno della liberazione di Milano e Torino dall’occupazione delle truppe nazifasciste. Per il primo decennio le presenze di centrodestra latitano. Berlusconi, fino al 2009, non vi partecipa mai.
Non solo. Per diversi eletti nelle fila del Pdl (tra gli altri, il consigliere romano Ugo Casson) quella festa ''dovrebbe essere abolita dal nostro calendario'', perché ''non è una ricorrenza che riguarda tutti, ma solo una parte politica''.
“La destra italiana, anche nei quasi cinquant'anni di vita del Msi, non ha mai fatto l'apostolato del fascismo" ha detto Fini nel luglio 2008. Dimenticandosi le sue frasi su “Mussolini il più grande statista del secolo” (30 settembre 1992). Ma scordandosi sopratuttto della marea di dichiarazioni che affollano le pagine dei quotidiani degli ultimi anni.

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