C'è chi sceglie di chiamare elettore per elettore e chi preferisce il veloce messaggino. La campagna elettorale si trasforma in operazione di marketing e tra spam e privacy non rinuncia al vecchio e caro telefono
di Serenella Mattera
«Salve! Sono Pier Ferdinando Casini…». Tanti italiani negli ultimi giorni possono vantarsi di aver parlato con il leader dell’Udc in persona. Che, ai tempi di Internet e delle odiate (dai politici) intercettazioni, ha deciso di non rinunciare al caro vecchio telefono per comunicare con i potenziali elettori. Con voce squillante, Casini entra nelle case con un messaggio registrato, che elenca i punti nel programma (famiglia, occupazione, sviluppo…) e pronuncia il nome del candidato che chiede di sostenere. Il meccanismo è già stato sperimentato dai centristi nel 2008 e secondo alcuni studi farebbe guadagnare un voto ogni cento chiamate. Ma gli altri 99? I più non si lasciano convincere. Qualcuno riaggancia senza ascoltare. Qualcun altro si innervosisce a tal punto, da chiedere un intervento all’Autorità garante per la privacy.
«Stanno giungendo varie segnalazioni in ordine a pubblicità elettorale telefonica in vista delle prossime elezioni», ha fatto sapere l’Authority. Che aveva già dettato un vademecum prima dell’inizio della campagna elettorale e adesso ha deciso di richiamare i “telefonisti” all’ordine: «Il Garante ricorda, ancora una volta, a partiti politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati – si legge in un comunicato – che non è possibile contattare telefonicamente i cittadini che non abbiano espresso un preventivo consenso ad essere chiamati». I centristi vanno ripetendo che le loro telefonate arrivano solo agli utenti che abbiano dato il consenso all’operatore telefonico accettando di ricevere comunicazioni pubblicitarie. Ma evidentemente alcuni quell’assenso non ricordano di averlo mai dato. Inoltre sembra non essere il solo, Casini, ad alzare la cornetta per fare propaganda. Con un’amplificazione dell’effetto “disturbo” per gli elettori, che ha indotto il garante alla “ramanzina” generale.
Intanto c’è chi si muove anche sul fronte parlamentare. Il presidente dei deputati dell’Italia dei valori, Massimo Donadi, ha presentato un’interrogazione per denunciare il fiume di sms con cui il premier pare stia invitando i cittadini a partecipare alla manifestazione del 20 marzo del Popolo della libertà. Questo il testo: “Ti aspetto sabato alle ore 14 a Roma Circo Massimo. Un grande corteo fino a San Giovanni per difendere la libertà e la democrazia. Silvio Berlusconi”. E allora Donadi protesta: «Molesta gli italiani anche con sms. Ci risulta, infatti, che migliaia di persone stanno ricevendo in queste ore i messaggi firmati da Berlusconi. Chiediamo di sapere chi li paga e se c’è una violazione della privacy dei cittadini. Vorremmo sapere da dove hanno preso i numeri di telefono e se tutte le persone raggiunte hanno dato il loro assenso».
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«Stanno giungendo varie segnalazioni in ordine a pubblicità elettorale telefonica in vista delle prossime elezioni», ha fatto sapere l’Authority. Che aveva già dettato un vademecum prima dell’inizio della campagna elettorale e adesso ha deciso di richiamare i “telefonisti” all’ordine: «Il Garante ricorda, ancora una volta, a partiti politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati – si legge in un comunicato – che non è possibile contattare telefonicamente i cittadini che non abbiano espresso un preventivo consenso ad essere chiamati». I centristi vanno ripetendo che le loro telefonate arrivano solo agli utenti che abbiano dato il consenso all’operatore telefonico accettando di ricevere comunicazioni pubblicitarie. Ma evidentemente alcuni quell’assenso non ricordano di averlo mai dato. Inoltre sembra non essere il solo, Casini, ad alzare la cornetta per fare propaganda. Con un’amplificazione dell’effetto “disturbo” per gli elettori, che ha indotto il garante alla “ramanzina” generale.
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