Stanco e disilluso, identikit del medico ospedaliero umbro

Umbria

Emerge dal sondaggio Cimo-Fesmed, "servono risorse"

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(ANSA) - PERUGIA, 10 FEB - Stanco, rassegnato e in cerca di una via di fuga dalla sanità pubblica: è l'identikit del medico ospedaliero umbro che emerge dal sondaggio realizzato da Cimo-Fesmed a cui hanno risposto 239 professionisti che lavorano nelle strutture sanitarie della regione.
    Il 77% degli intervistati vorrebbe continuare a svolgere la professione medica, ma soltanto il 26,4% resterebbe nella sanità pubblica. Il 17% preferirebbe lavorare nel privato, il 21,9% andare all'estero, il 15,1% svolgere la libera professione e il 19,6% anticipare il pensionamento. Il 73,2% reputa alto il livello di stress psicofisico causato dall'impegno sul fronte Covid-19; il 66,5% reputa alto il rischio professionale corso negli ultimi due anni e il 49,3% ritiene di aver messo a repentaglio la sicurezza della propria famiglia.
    Il 67% dei medici ha dichiarato di aver ricevuto in questo periodo di pandemia supporto dai colleghi, il 19% da familiari e amici, e solo il 5% da società e istituzioni, "facendo così emergere una chiara percezione di abbandono", sottolineano i vertici di Cimo Umbria. Sul fronte delle ore lavorate durante la settimana, il 24% degli intervistati ha risposto di andare oltre le 48 ore, il 52% di lavorare fino a 48 ore e solo il 24% di lavorare 38 ore.
    "Quale immagine ci restituisce, in Umbria, questo sondaggio? Un medico ospedaliero sicuramente disilluso, perché vede crollare le proprie aspettative professionali, che erano alte ad inizio carriera", spiega Cristina Cenci, vice segretario regionale di Cimo Umbria. Che aggiunge: "Un altro dato interessante è vedere che età hanno i partecipanti, o meglio, da quanto tempo sono assunti nel nostro Sistema sanitario regionale: il 59% di essi è assunto da meno di 15 anni. Quindi - evidenzia Cenci - negli ospedali umbri bastano 15 anni di lavoro per far crollare le aspettative dei medici".
    "Questa ricerca ha semplicemente certificato quella che è la sensazione che si vive nelle corsie degli ospedali. Un senso di profondo disagio dei colleghi, un senso di frustrazione e impotenza di fronte alle crescenti difficoltà che si incontrano, come letti sui corridoi e medici costretti ad assistere anche il doppio dei pazienti che normalmente hanno in carico", dice il segretario regionale di Cimo Umbria, Marco Coccetta. "Quello che emerge da questa indagine - aggiunge - mette bene in evidenza come il Sistema sanitario nazionale, oltre che regionale, sia un malato grave che necessita di cure immediate e cioè di risorse".(ANSA).
   

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