Mafia a Palermo, blitz contro il clan di Resuttana: 18 arresti

Sicilia

"Hanno una città nelle mani", dicevano alcuni uomini d'onore intercettati, riferendosi ai vertici della cosca. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga, detenzione illegale di armi, violazione dell'obbligo della sorveglianza speciale

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Un'indagine, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall'aggiunto Marzia Sabella, ha portato a 18 arresti nei confronti di boss, gregari ed estortori del clan di Resuttana e consentito di disarticolare uno dei più ricchi mandamenti del capoluogo.

Le intercettazioni: “Hanno una città nelle mani”

"Hanno una città nelle mani", dicevano alcuni uomini d'onore intercettati, riferendosi ai vertici della cosca. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga, detenzione illegale di armi, violazione dell'obbligo della sorveglianza speciale. Per 16 è stato disposto il carcere, per 2 i domiciliari.

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e dallo Sco, hanno ricostruito l'organigramma del clan, diversi episodi di estorsione ad attività commerciali ed imprenditoriali e accertato il controllo e la gestione dei servizi funerari presso l'ospedale di Villa Sofia di Palermo da parte della cosca. Il racket, che cosa nostra usa per mantenere il controllo del territorio e garantirsi il sostentamento dell'organizzazione e delle famiglie dei detenuti, si svolge secondo il classico copione della "messa a posto", consistente nell'esborso di una somma di denaro da parte della vittima da far confluire nella "baciliedda" (bacinella, ndr) a disposizione della cosca, o nel recupero dei crediti vantati da soggetti vicini alla "famiglia". La gestione del pizzo avrebbe creato anche delle fibrillazioni tra i due mandamenti confinanti, Resuttana e San Lorenzo, definite nel corso di una riunione chiarificatrice tra i rappresentanti delle due famiglie.

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Il gip: “Soggetti insospettabili in affari con i clan”

Tra i destinatari del provvedimento ci sono anche alcuni insospettabili, appartenenti alla cosiddetta "zona grigia" ed espressione delle contiguità tra professionisti locali, medi e piccoli imprenditori ed esponenti, anche apicali, del mandamento mafiosi. Tra gli indagati ci sono, infatti un commercialista, un notaio, sospettato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, un imprenditore edile, un imprenditore nel settore calzature, sospettato di concorso in associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso ed infine un ristoratore. Il gip ha disposto il sequestro preventivo delle società Almost food srls e la Gbl food srls che gestiscono l catena di esercizi commerciali con insegna "Antica polleria Savoca", che, secondo i pm , sarebbero in realtà imprese mafiose.

Boss torna al comando del clan dopo scarcerazione

Tra gli arrestati nel blitz contro il clan mafioso di Resuttana ci sono Salvatore Genova, accusato di essere il reggente del mandamento, e il suo luogotenente Segio Giannnusa. L'inchiesta nasce dopo la scarcerazione di Genova che dopo anni di detenzione al 41 bis, è tornato a Palermo e ha ripreso il controllo del mandamento. Con il ritorno in auge di Genova è tornato al comando anche Giannusa, uomo ombra del capomafia. Genova è uno storico alleato dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, da anni detenuti al carcere duro, ed è stato il referente per il sostentamento della famiglia del "patriarca" di San Lorenzo Francesco Madonia e dei suoi figli, fedeli alleati degli stragisti corleonesi. Incurante dei limiti imposti della sorveglianza speciale che gli è stata imposta dopo la scarcerazione, Genova a pochi giorni dal rientro a Palermo ha ripreso in mano gli affari della cosca cercando, però, di mantenere un basso profilo per sfuggire alle attenzioni degli investigatori. Attento a usare un linguaggio criptico durante le conversazioni coi sodali, intimava ai suoi di non portare mai il telefono durante gli incontri. "Senza niente, neanche spento", dice non sapendo di essere intercettato un uomo d'onore riferendosi all'ordine ricevuto. Secondo gli inquirenti, Genova avrebbe partecipato a importanti vertici di mafia con Giuseppe Greco, il senatore, boss di Ciaculli, Giovanni Giordano della Noce e Giancarlo Seidita e Pietro Tumminia del clan di Altarello. Genova, dunque, aveva rapporti con i capi dei principali clan della città e, secondo i pm, impartiva ai sottoposti le indicazioni necessarie alla gestione delle estorsioni e sovrintendeva alle messe a posto anche fuori dai confini del suo mandamento. Di lui un favoreggiatore dei Graviano diceva che "è il tutto".

Le mani del clan sulle imprese di pompe funebri

Il clan di Resuttana aveva il controllo, esercitato attraverso una stretta imposizione del pizzo, delle imprese di pompe funebri che gravitano attorno all'ospedale Villa Sofia di Palermo. In una conversazione registrata due degli indagati, Michelangelo Messina e Sergio Giannusa, si mostrano indispettiti perché, andati a riscuotere la "tassa" del clan, non trovano il titolare. All'impiegato dicono di riferire alla vittima che non avrebbe più lavorato. "Gli dici che se ne vanno, se ne devono andare tutti, si stannu a casa", dicono. Sempre da un'intercettazione emergono i problemi nella riscossione del pizzo che il clan ha per le difficoltà economiche di una impresa. "Ti posso dare 500 euro ora. Siccome ho due morti, fammi incassare", chiede la vittima al boss.

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