L'operazione, denominata "Fenice", è il sesto blitz in 14 anni contro il mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, l'unico territorio dell'hinterland palermitano dove negli ultimi anni si sono verificati tre omicidi e due tentati omicidi di mafia
I carabinieri della Compagnia di Misilmeri e del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Palermo hanno arrestato questa notte sei tra capi e gregari della famiglia mafiosa di Misilmeri in esecuzione di una ordinanza cautelare in carcere firmata dal gip su richiesta dei magistrati della Dda di Palermo coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido. I sei destinatari del provvedimento sono accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il blitz contro il mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno
L'operazione, denominata "Fenice", è il sesto blitz in 14 anni contro il mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, l'unico territorio dell'hinterland palermitano dove negli ultimi anni si sono verificati tre omicidi e due tentati omicidi di mafia. Le indagini sono iniziate nel 2008 con l'operazione "Perseo" contro i clan di Belmonte Mezzagno e Misilmeri e sono proseguite con le operazioni "Sisma" (2009 e 2011), "Jafar" e "Jafar 2" (2015), "Cupola 2.0" (2018 e 2019) e "Limes" (2022). Decine e decine di arresti per contrastare il predominio di un clan tra i più attivi in provincia di Palermo, in grado comunque di riorganizzarsi e di controllare a tappeto le attività economiche.
L'inchiesta
Nonostante i numerosi arresti degli ultimi anni, il mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno era riuscito a riorganizzarsi. Per mantenere il predominio nel territorio sono stati commessi omicidi ed è stato imposto il pizzo a tappeto ai commercianti della zona. È quanto emerge dall'operazione "Fenice". Un'organizzazione tornata in piena operatività con una nuova scala gerarchica che imponeva le "regole" mafiose. L'indagine dei carabinieri, andata avanti attraverso non poche difficoltà dovute al modus operandi degli indagati, ha consentito di acquisire gravi indizi in merito all'evoluzione strutturale ed operativa della famiglia di Misilmeri, alla identificazione degli appartenenti al clan, e al condizionamento del tessuto socio-economico da parte della famiglia di Misilmeri, espresso principalmente attraverso il racket. L'indagine ha ricostruito i nuovi assetti della cosca. Secondo i magistrati, a guidarla sarebbe stato M. S., ritenuto il nuovo capofamiglia di Misilmeri. Al suo fianco, come braccio destro, A. R.. Oltre un anno di intercettazioni hanno permesso di scoprire come i due coordinassero l'attività nei settori tipici di controllo di Cosa nostra, curando il mantenimento dell'ordine sul territorio e cercando di risolvere tutte le controversie tra privati che si rivolgevano alla mafia invece che allo Stato. Intercettazioni e pedinamenti hanno svelato il sistema di "solidarietà" tra gli appartenenti al clan nei confronti dei familiari degli affiliati in carcere a cui veniva garantito il sostentamento.
Edilizia e grande distribuzione nel mirino del racket
L'inchiesta ha scoperto numerose estorsioni. Sotto il ricatto del racket erano finite le imprese edili e il settore della grande distribuzione alimentare. I nuovi boss avevano nel mirino, fra gli altri, un impresario del settore edile impegnato nella realizzazione di un grosso impianto di rifornimento di carburanti, il titolare di una società del settore della grande distribuzione alimentare, proprietario di diversi supermercati e un imprenditore alimentare, proprietario di un'azienda avicola del territorio. In questi tre casi gli inquirenti hanno documentato le numerose estorsioni.