Palermo, mafia: infiltrazioni nel commercio, arresti e sequestri

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Sono accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare Cosa nostra

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Con l'operazione Sottoveste la guardia di finanza di Palermo ha dato esecuzione a un'ordinanza nei confronti di sette persone, di cui due in carcere, due ai domiciliari e tre destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali per un anno.

Le accuse

Sono accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare Cosa nostra. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di cinque società nel settore della vendita a dettaglio di capi d'abbigliamento, intimo e accessori e dei relativi 13 punti vendita con sede a Palermo, Cefalù e Favignana, oltre a un'auto nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di circa cinque milioni di euro.

Le indagini

Le indagini si sono concentrate sulle attività di due imprenditori che, avrebbero gestito, attraverso prestanome, una serie di attività consentendo di agevolare e rafforzare gli interessi economico-criminali del mandamento mafioso di Pagliarelli. Uno degli indagati, imprenditore di successo, avrebbe fornito sostegno a colui che risulterebbe essere il "reggente" del citato mandamento, già condannato per associazione mafiosa. Appena uscito dal carcere era stata costituita un'impresa edile alla quale sarebbero stati affidati importanti lavori di ristrutturazione di numerosi punti vendita. Questo avrebbe consentito al reggente di procurarsi contatti con soggetti di rilievo del mondo imprenditoriale, assunzioni di familiari nei punti vendita, dopo l'arresto, elargendo somme di denaro ed altre forme di aiuto economico durante il periodo di detenzione. Una condotta che avrebbe permesso di rafforzare il potere dell'uomo d'onore sul territorio, consentendo di conseguire notevoli guadagni da utilizzare per le finalità proprie dell'organizzazione mafiosa, prima fra tutte l'assistenza alle famiglie dei detenuti.

I rapporti tra imprenditore e boss

Più che un rapporto tra imprenditori, quello che il proprietario di una catena di negozi e Giuseppe Calvaruso, boss reggente del mandamento di Pagliarelli (entrambi finiti in carcere oggi), era un rapporto di amicizia. L'imprenditore, che ha una condanna a 10 anni per droga secondo i pm di Palermo, "ha assicurato, in via sistematica e continuativa, il proprio qualificato apporto a Calvaruso nella consapevolezza del ruolo mafioso di quest'ultimo". I due secondo le indagini della Dda e l'ordinanza del gip Walter Turturici sarebbero soci occulti in alcuni negozi ora finiti sotto sequestro. Per ristrutturare la catena di negozi Calvaruso avrebbe messo in piedi un'impresa edile. L'imprenditore avrebbe cercato di mettersi in contatto con Calvaruso anche quando il boss era in Brasile. L'imprenditore quando ha saputo dell'arresto di Calvaruso, durante le festività di Pasqua, avrebbe subito chiamato il padre del reggente e avrebbe detto di essere a sua disposizione per tutto. "Io per quello che posso fare a disposizione", diceva il titolare dei negozi all'amico. Che rispondeva: "Grazie, mi levi dai guai perché non so che dirci… perché non è che solo fine settimana è pure vigilia di Ferragosto". I parenti degli arrestati reclamavano i soldi. I due volevano anche acquistare un resort a Vulcano. "Gli sto facendo comprare a Vulcano il residence, dandomi la gestione, il patto è questo", diceva Calvaruso nel 2017. L'affare non andò in porto: "Lo sai qual è la rabbia… che con 300.000 fai l'operazione. E che operazione: 25 unità immobiliari!"

Angelini: "Colpire gli interessi economici Cosa nostra"

"Individuare gli imprenditori collusi costituisce il livello superiore delle investigazioni antimafia, il salto di qualità indispensabile per colpire al cuore gli interessi economici di Cosa nostra, contrastando i tentativi di infiltrazione nel mercato legale basati su rapporti malati con operatori commerciali senza scrupoli, interessati a patti di reciproca convenienza che hanno l'effetto concreto e perverso di rafforzare la capacità del sodalizio mafioso di condizionare e inquinare il sistema produttivo". Questo è quanto afferma Gianluca Angelini, comandante del nucleo di polizia economico finanziaria. "Oggi più che mai è vivo e oltremodo attuale l'insegnamento del giudice Borsellino quando ci ricordava come la lotta alla mafia deve essere prima di tutto un movimento culturale che si oppone al compromesso morale, all'indifferenza, alla contiguità e quindi alla complicità. Il messaggio deve essere chiaro: fare affari cercando o accettando l'appoggio della mafia è una scelta perdente oltre che criminale. fL'attenzione investigativa della guardia di inanza continuerà, come sempre, a essere altissima per individuare ricchezze e patrimoni illecitamente accumulati, che devono essere restituiti alla collettività: è un dovere nei confronti dei cittadini e degli imprenditori onesti, per proteggere e tutelare il tessuto economico sano del nostro territorio".

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