Palermo, truffe ad assicurazioni: otto fermati e 23 indagati

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Gli incidenti avevano tutti lo stesso copione, le vittime hanno denunciato di essere state investite mentre percorrevano vie cittadine in sella a bicicletta

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Un nuovo filone della cosiddetta truffa alle assicurazioni degli spaccaossa a Palermo. Mentre sono ancora in corso processi con condanne in primo e secondo grado, gli agenti del commissariato Brancaccio hanno fermato otto persone e notificato 23 avvisi di garanzia. Gli otto fermati sono accusati, a vario titolo, di fare parte di una presunta associazione criminale che, tra il 2017 e il 2020, si sarebbe resa responsabile di una serie di truffe a numerose compagnie di assicurazione relative a falsi incidenti stradali, tutti con feriti e fratture ai danni di decine di vittime, procurate con metodi violenti. Le indagini sono scattate quando ad aprile del 2020, all'ufficio postale Acqua dei Corsari di Palermo, un uomo si è presentato con la carta d'identità falsa per cercare di aprire un conto corrente. Nello stesso ufficio un altro indagato aveva aperto da poco un altro conto corrente. Da quel momento sono iniziate acquisizioni di documenti, ma soprattutto una serie di intercettazioni. 

La ricostruzione dei fatti

Gli incidenti avevano tutti lo stesso copione, le vittime hanno denunciato di essere state investite mentre percorrevano vie cittadine in sella a biciclette. Il "giro d'affari" economico che sarebbe stato gestito dall' organizzazione è stato superiore ad alcuni milioni di euro che le compagnie assicurative hanno corrisposto, a titolo di risarcimento, per le gravi lesioni patite dai denuncianti. Le indagini hanno consentito di bloccare la liquidazione di alcuni indennizzi di falsi incidenti richiesti alle compagnie per centinaia di migliaia di euro. L'operazione della polizia è stata eseguita a Palermo e nelle province di Novara, Torino, Vercelli, Milano e Varese. In particolare, due vittime di falsi incidenti stradali hanno raccontato agli agenti come agiva la presunta organizzazione, le fratture subite e gli importi liquidati dalle compagnie assicuratrici, che secondo le indagini sono andati a finire nelle tasche degli indagati. Tre degli indagati sarebbero stati i prestanome che avrebbero aperto i conti correnti, gestiti di fatto dai presunti capi dell'organizzazione. Su quei conti sono stati versati i tanti indennizzi concessi alle vittime, ma rimasti nella casse dell'associazione criminale. Nel corso delle indagini sono stati documentati gli attimi in cui i prestanome o a volte le stesse vittime prelevavano il denaro e lo consegnavano nelle mani dei vertici dell'organizzazione.

L'organizzazione

A capo dell'organizzazione, secondo quanto accertato dalle indagini della polizia, ci sarebbero Vincenzo Maccarrone, Giuseppe Zizza e Matteo Corrao. Il gip per i tre ha convalidato i fermi e disposto per Maccarrone e Zizza gli arresti in carcere, per Corrao i domiciliari. Per altri due indagati, la misura cautelare dell'obbligo della presentazione alla pg mentre gli altri tre indagati sono stati rimessi in libertà. Soltanto per le pratiche risarcitorie individuate per i presunti falsi sinistri stradali, che rappresentano una esigua parte dei numerosi sinistri che sarebbero stati organizzati e gestiti dall'associazione criminale, il volume d'affari è stato molto rilevante, quasi due milioni di euro. Di questi, sono stati liquidati dalle compagnie indennizzi per 700mila euro circa, mentre gli investigatori sono riusciti a bloccare risarcimenti per un importo di un milione di euro. Uno degli indagati avrebbe cercato di nascondere i proventi illeciti, intestando i beni mobili ad un familiare, anch'egli indagato. Le indagini hanno ricostruito diversi incidenti stradali, denunciati a Palermo, in Piemonte e in Lombardia, da palermitani che si erano recati in quelle città "per cercare lavoro" o "in vacanza". La banda avrebbe avuto appoggio logistico da parte di alcuni pregiudicati nel nord Italia alcuni dei quali hanno partecipato ai falsi sinistri denunciati. 

Il sequestro

Inoltre, durante le indagini è stato rilevato che i tre capi dell'associazione criminale godevano di un tenore di vita estremamente elevato, dimostrando di avere grosse disponibilità finanziarie. I patrimoni riconducibili agli indagati sono risultati sproporzionati ai redditi dichiarati e alle attività lavorative svolte. Per questo motivo è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di alcuni beni mobili e immobili nella loro disponibilità. I sigilli sono scattati a un appartamento; due magazzini; una Range Rover modello Evoque, una Bmw X4, una Fiat 500, una Smart, uno scooter Honda Sh, uno scooter Honda 125, una Vespa Piaggio, un Mercedes GLC e un'Audi. Sono state effettuate varie perquisizioni, a conclusione delle quali è stato sequestrato materiale utile per le indagini. Degli indagati 15 soggetti tra i 31 indagati sono stati segnalati al competente giudice in quanto percettori, direttamente o attraverso i loro familiari, del reddito di cittadinanza per valutare la sospensione immediata del sussidio.

Il commissario: “Usato metodo sofisticato”

"Gli indagati avrebbero realizzato una truffa ancora più sofistica di quanto fin qui conosciuto nelle varie indagini degli spaccaossa. Le vittime venivano reclutate a Palermo. Venivano dati loro dei soldi e poi imbarcati su un aereo. Qui grazie alla base logistica presente al Nord, riuscivano a inscenare dei falsi incidenti in alcuni paesini nel nord Italia. La vittima restava "ferita", quasi sempre investita mentre percorreva le strade con la bici. C'era il testimone che confermava la dinamica. Intervenivano le forze dell'ordine. Il ferito veniva portata nel più vicino pronto soccorso e si avviava l'iter per il risarcimento", ha detto Giuseppe Ambrogio, dirigente del commissariato di polizia Brancaccio a Palermo. "Tutto è iniziato dopo che uno degli indagati si è presentato all'ufficio postale con un documento falso per aprire un conto corrente. Con lui c'era una donna che ha aperto un altro conto. Dai sistemi di videosorveglianza abbiamo notato che erano accompagnati da un terzo uomo che faceva parte dell'organizzazione. Abbiamo iniziato a monitorare i versamenti e i prelievi su quel conto e abbiamo visto che erano transitati 80 mila euro spariti in appena tre giorni - ha aggiunto - Così sono iniziate le indagini che ci hanno permesso di fare luce sull'intera organizzazione e sui falsi incidenti compiuti anche durante la pandemia".

Il questore: "Realtà sociale desolante"

"L'operazione di oggi condotta dagli agenti del commissariato Brancaccio ci restituisce una realtà sociale desolante. Ci sono poveri uomini e donne che mettono a rischio la propria vita per quattro soldi facendo arricchire una banda di criminali. Le indagini ci restituiscono un quadro sociale che dovrebbe fare riflettere su cosa si sia disposti a mettere in gioco per avere in cambio pochi soldi. Il rischio di restare menomati a vita". Il questore di Palermo Leopoldo Laricchia commenta l'ultima operazione contro la banda degli spaccaossa che è stata scoperta a Palermo. "Stavolta hanno messo in campo un metodo più raffinato cercando di evitare gli errori commessi in precedenza da parte dei criminali. Nessun complice tra medici e titolari di agenzie automobilistiche. Gli incidenti in tante zone dell'Italia organizzati dalla banda erano verosimili. Anche il fatto che i feriti fossero palermitani poteva essere credibile, visto che i palermitani sono ovunque - aggiunge - Forse l'unico dubbio poteva essere rappresentato dal fatto che a rimanere feriti fossero esclusivamente persone economicamente disagiate. In genere chi viaggia ha la possibilità economica di farlo. L'indagine restituisce un dato confortante. Anche in questo caso c'è chi ha denunciato e ha raccontato quanto accedeva. Un altro aspetto da sottolineare è la costante azione di contrasto nel quartiere Brancaccio dove negli ultimi mesi sono state messe a segno diverse operazioni e diversi controlli".

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