Mafia, maxi operazione in provincia di Caltanissetta: oltre 50 arresti

Sicilia
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Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, traffico di stupefacenti e detenzione di armi, reati aggravati dal metodo mafioso

Maxi operazione antimafia nel nisseno. I carabinieri di Caltanissetta hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di oltre 50 presunti affiliati al clan Sanfilippo di Mazzarino riconducibile alla stidda gelese. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Caltanissetta, su richiesta della Dda. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, traffico di stupefacenti e detenzione di armi, reati aggravati dal metodo mafioso. 

Le indagini

L'operazione, denominata in codice "Chimera", scaturisce da un'indagine condotta tra il 2017 e il 2021 dai carabinieri di Gela ed è stata avviata sulla base di elementi forniti dal Comando carabinieri Politiche Agricole e Alimentari. La retata è la più consistente dal punto di vista numerico condotta dai carabinieri nell'ultimo decennio in provincia di Caltanissetta e ha consentito di disarticolare la "famiglia" mafiosa di Mazzarino. L'attività investigativa ha consentito di ricostruire l'articolato quadro dei settori economici interessati dalle attività criminali del clan: dal traffico di sostanze stupefacenti alla percezione di contributi pubblici per l'agricoltura, ottenuti attraverso false dichiarazioni. In tale contesto, è emersa anche l'attività estorsiva ai danni di numerosi imprenditori e commercianti di Mazzarino, costretti a corrispondere somme di denaro per il sostentamento dei detenuti, a fornire gratuitamente beni e servizi ai membri del clan e a effettuare assunzioni fittizie di affiliati.

Luce su due omicidi con il metodo della lupara bianca

Gli inquirenti hanno anche fatto luce su due omicidi con il metodo della 'lupara bianca' avvenuti nel 1984 e nel 1991. "Nel corso delle indagini, che si sono svolte anche attraverso intercettazioni ambientali, sono emersi nuovi elementi su due omicidi di mafia con il metodo della "lupara bianca", quelli di Benedetto Bonaffini e di Luigi La Bella. Abbiamo ricostruito sia il movente che i dettagli dei delitti, maturati nel contesto della guerra di mafia tra Cosa Nostra e Stiddra". Lo ha detto il pm, Davide Spina. Nel 1984 un operaio edile di 22 anni di Mazzarino, Benedetto Bonaffini, sospettato di appartenere a uno dei gruppi criminali, sarebbe stato attirato con l'inganno in un luogo isolato e strangolato dopo essere stato picchiato a sangue. Il corpo non venne mai stato ritrovato. Sette anni dopo, nel 1991, Luigi La Bella, 28 anni, anche lui di Mazzarino, sospettato di essere il custode delle armi per conto di uno dei clan rivali, prima di essere strangolato, sarebbe stato interrogato, torturato e, addirittura, mutilato mediante il taglio delle orecchie, del naso e delle dita. Anche in questo caso il corpo, gettato all'interno di un pozzo di campagna, non è stato mai ritrovato.

Pm: "Tra gli indagati, due medici e un avvocato"

"Questa operazione è importante sotto il profilo numerico, perché la maggior parte degli indagati erano liberi e solo nove erano detenuti, e per la gravità dei fatti criminosi che sono stati scoperti. Oltre agli omicidi anche una serie di attività estorsive, un ingente traffico di droga e anche per il tipo di attività del clan che era fortemente oppressiva sul territorio, aveva un controllo arrogante e profondo. È stato difficile se non impossibile ottenere qualsiasi forma di collaborazione per la paura che il clan incuteva". Lo afferma il procuratore facente funzioni Roberto Condorelli nel corso della conferenza stampa. "Tra gli episodi estorsivi - spiega Condorelli - c'è da rilevare le pressioni al titolare di una pescheria costretto a dare gratuitamente la merce e per questo avevano anche interpellato il capo clan in carcere, perché era intollerabile che si rifiutasse di dare gratis questi prodotti. O il caso di un barbiere costretto a rendere gratuitamente le sue prestazioni e quando si rifiutò subì un brutale pestaggio. Per loro era particolarmente importante mantenere un controllo del territorio. Era un modo per dire che sul territorio loro erano i padroni. Emerge anche un particolare raccapricciante, un ragazzino orgoglioso del nonno che diceva che anche lui voleva avere la laurea del rispetto". Tra gli indagati ci sono anche due medici e un avvocato. "I tre professionisti - spiega il comandante provinciale dei carabinieri di Caltanissetta, il colonnello Vincenzo Pascale - hanno agevolato le attività illecite del clan. Agevolazione che nel caso dell'avvocato hanno riguardato l'acquisizione di un terreno per ottenere contributi e, nel caso dei medici, la falsificazione di documentazione sanitaria". "E' un'operazione - ha concluso Pascale - condotta senza alcuna forma di collaborazione da parte delle vittime. Ma voglio dire ai cittadini che la via della giustizia è quella che realmente libera dall'oppressione della criminalità".

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