La Guardia di Finanza sta eseguendo un'ordinanza che dispone, nei confronti di 3 persone, la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali per 4 mesi e il sequestro di oltre 3 milioni di euro nei confronti di 7 strutture sanitarie private convenzionate
Una maxi truffa aggravata al Servizio Sanitario Nazionale sarebbe stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Messina, che sta eseguendo un'ordinanza che dispone, nei confronti di 3 persone, la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali per 4 mesi e il sequestro di oltre 3 milioni di euro nei confronti di 7 strutture sanitarie private convenzionate. L'inchiesta, coordinata dalla Procura guidata da Maurizio de Lucia, coinvolge in totale 26 persone tra funzionari pubblici dell'Asp di Messina, responsabili e dipendenti delle strutture private. Tra gli indagati figurano anche i titolari delle più conosciute e importanti case di cura città dello Stretto.
La truffa
L'attività d'indagine ruota intorno D.R.G. (Diagnosis Related Group), un sistema che consente di classificare ogni caso clinico in una determinata casella (il Ministero della Sanità ha previsto oltre 500 casistiche), variabile in relazione alla diagnosi, agli interventi subiti, alle cure prescritte o alle caratteristiche personali del paziente ricoverato in una struttura accreditata. Proprio sulla base del D.R.G. attribuito, quindi, in funzione delle risultanze della scheda di dimissione ospedaliera, ogni Regione prevede la tariffa da rimborsare alla casa di cura privata convenzionata, che grava sul Servizio Sanitario Nazionale. Vista la procedura prevista è fondamentale l'attività di verifica, per norma attribuita ad un Nucleo Operativo di Controllo interno all'ASP competente per territorio. L'inchiesta, consistita in investigazioni documentali, accertamenti bancari, esami di testimoni, intercettazioni, acquisizioni informatiche ha fatto emergere un "articolato e collaudato meccanismo fraudolento, finalizzato a far lievitare artificiosamente l'entità dei rimborsi corrisposti dal sistema sanitario", scrive il gip, che si realizzava attraverso l'indicazione nella scheda di dimissione ospedaliera un D.R.G. difforme rispetto alle reali attività effettuate. Un raggiro che ha determinato una truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale per oltre 3 milioni di euro. "Un dato estremamente allarmante - dicono gli investigatori - lì dove si consideri che sono state oggetto di disamina soltanto 723 cartelle cliniche: di queste ben 591 presentavano anomalie, con una percentuale d'incidenza pari all'81,74%, tanto da indurre il gip a ritenere l'esistenza di una forma 'di radicata connivenza tra controllore e controllato'".
Gli indagati
Figura centrale dell'inchiesta è l'ex dirigente dell'ASP di Messina Mariagiuliana Fazio (di recente andata in pensione e quindi non destinataria di provvedimento cautelare), indagata per truffa aggravata allo Stato, accesso abusivo a sistema informatico, falso e corruzione, già a capo del Nucleo Operativo di Controllo dell'ASP di Messina. La donna è descritta dal gip come soggetto che, "forte di una consolidata esperienza amministrativa e burocratica", si è dimostrata "dotata di una pervasiva capacità di orientare l'impatto della macchina amministrativa" da lei diretta, con "atteggiamento spregiudicato, piegandola a interessi di parte in funzione di un tornaconto personale". Fazio vantava un "rapporto privilegiato" con i vertici delle case di cura finite sotto inchiesta e in particolare con Emmanuel Miraglia, romano, 81 anni, della Cappellani Giomi S.p.a. e della Giomi S.p.a., società convenzionate che avrebbero guadagnato rimborsi dal Servizio Sanitario per 423.934 euro. Le indagini hanno accertato decine di accessi al portale "Qualità Sicilia SSR", sottosistema "Controllo qualità e appropriatezza cartelle cliniche e SDO", predisposto dall'Assessorato alla Salute della Regione Siciliana, rilevando che la Fazio aveva fornito ad un medico, dipendente della Giomi S.p.a., oggi indagato per accesso abusivo a sistema informatico, le proprie credenziali riservate, per consentirgli di inserire, indebitamente i dati relativi alle procedure di verifica sulle cartelle cliniche.