Droga e cellulari ai detenuti del carcere di Augusta, 16 arresti

Sicilia
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Oltre 70 uomini della guardia di finanza stanno eseguendo un’ordinanza del gip di Catania che ipotizza, tra le altre cose, i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanza stupefacente e all'indebito procacciamento di apparati telefonici per i detenuti della casa circondariale

Telefonini e droga messi a disposizione dei detenuti del carcere di Augusta, nel Siracusano. È quanto emerge da un'indagine della Guardia di finanza del nucleo Pef del Comando provinciale di Catania, che sta eseguendo sedici arresti, uno dei quali ai domiciliari. Oltre 70 militari delle Fiamme gialle etnee, con il supporto di unità cinofile e della componente Antiterrorismo e Pronto impiego, stanno seguendo un'ordinanza di misure cautelari, emessa dal gip di Catania su richiesta della Dda della Procura etnea, che ipotizza a vario titolo i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanza stupefacente e all'indebito procacciamento di apparati telefonici per i detenuti della casa circondariale di Augusta e di corruzione di pubblici ufficiali per atti contrari ai doveri di ufficio.

L’indagine

Il traffico di stupefacente era gestito da due detenuti di 36 e 31 anni, con la complicità di un sovrintendente della polizia penitenziaria, di 51, originario di Taranto. Secondo l'accusa erano i due detenuti con telefonini cellulari e sim introdotti illegalmente in carcere sempre grazie all'aiuto del sovrintendente della polizia penitenziaria, a coordinare l'attività di loro complici all'esterno del carcere disponendo l'acquisto di cocaina, marijuana, hashish e skunk, le modalità di consegna e la loro vendita nella struttura penitenziaria. L'indagine della guardia di finanza è riuscita a ricostruire cinque consegne in carcere dove la sostanza stupefacente è stata venduta a sette detenuti, anche loro raggiunti da ordinanza di custodia cautelare, che a loro volta la rivendevano ad altri carcerati. La Dda della Procura di Catania contesta a uno dei due che in cambio dei 'favori' ai detenuti arrestati avrebbe ricevuto somme di denaro, il reato di corruzione per atto contrario ai propri doveri. Il sovrintendente della polizia penitenziaria, il cui ruolo è stato individuato anche grazie al contributo fornito dal gruppo di comando del carcere di Augusta alle indagini del nucleo Pef della guardia di finanza di Catania, secondo i magistrati, "godeva all'interno dell'istituto di connivenze e coperture sulle quali sono in corso ulteriori accertamenti”.

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