Calcio, arrestati per bancarotta ex proprietari del Palermo

Sicilia

Ad altre tre persone è stata notificata la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese per un anno

Arrestati gli imprenditori Salvatore e Walter Tuttolomondo, ex proprietari della squadra del Palermo. I militari della guardia di finanza inoltre hanno sequestrato un milione e 395 mila euro e notificato la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese per un anno a Roberto Bergamo, Tiziano Gabriele e Antonio Atria. Agli indagati vengono contestati i reati di bancarotta fraudolenta, indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, autoriciclaggio, falso e ostacolo alle funzioni di vigilanza della Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio (COVISOC).

Le indagini

L'inchiesta, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Salvatore de Luca, è partita dalla cessione delle quote della US Città di Palermo dell'ex patron Maurizio Zamparini effettuata nel 2019 a soli 10 euro a favore della Sporting Network s.r.l., società controllata dalla Arkus Network s.r.l., riconducibile ai fratelli Tuttolomondo. La US Città di Palermo è poi stata dichiarata fallita. Dalle intercettazioni telefoniche e dagli accertamenti bancari e documentali svolti dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo e del Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma sarebbe emerso che, grazie alla collaborazione di professionisti e prestanome, i Tuttolomondo avrebbero saldato debiti fiscali usando in compensazione crediti fiscali inesistenti, per 1,4 milioni.

Le accuse

Ai due imprenditori si contesta anche l'avere effettuato false comunicazioni alla COVISOC sul pagamento degli stipendi ai dipendenti della società e al versamento delle tasse. Secondo gli inquirenti, mentre pendeva la richiesta di concordato preventivo della società calcistica, i Tuttolomondo avrebbero effettuato pagamenti non autorizzati dal Tribunale di Palermo per oltre 200 mila euro a favore di professionisti e in danno degli altri creditori e distratto la somma di 341.600 euro dal conto corrente del Palermo calcio a favore di una loro società in realtà non operativa. L'operazione fu giustificata come anticipo del compenso previsto per l'affidamento di un incarico di consulenza fittizio. I Tuttolomondo, infine, avrebbero impiegato il denaro sottratto in altre attività economiche, commettendo così il reato di autoriciclaggio. A giugno del 2019 la US Città di Palermo, non avendo regolato entro i termini gli adempimenti richiesti sia in materia di pagamento delle imposte sia in merito alla corresponsione degli stipendi e dei compensi spettanti a calciatori e dipendenti, non ottenne l'iscrizione al campionato di Serie B.

Il fallimento della Us Città di Palermo

L'inchiesta nasce dal fallimento della società calcistica Us Città di Palermo Spa che i due Tuttolomondo acquistarono da Maurizio Zamparini. Per la società Rosanero di Maurizio Zamparini, ora sotto processo, ci fu una prima istanza di fallimento presentata dalla Procura nel 2017. La richiesta non venne però accolta dal tribunale. I pm e i giocatori della squadra tornarono a chiedere lo stato di insolvenza della società nel 2019. "Tenuto conto delle ingentissime esposizioni debitorie gravanti sulla società", il tribunale dichiarò il crack. I guai del vecchio club non furono solo contabili: la società è stata travolta dalle inchieste della Guardia di finanza che hanno fatto emergere irregolarità prima nella gestione Zamparini, ora in quella dei Tuttolomondo.

Le indagini sulla gestione dei conti

L'agonia del vecchio Palermo iniziò nel 2017 con l'avvio delle indagini della procura sulla gestione dei conti, soprattutto sulla controversa compravendita del marchio rosanero a una società riconducibile allo stesso Zamparini che aveva di fatto creato una plusvalenza di una quarantina di milioni che sembrava aver rimesso a posto i conti della società. Un artifizio contabile contestato nella prima istanza di fallimento depositata dalla procura di Palermo a novembre del 2017 e respinta a marzo del 2018, perchè il tribunale fallimentare decise di non entrare nel merito della questione della compravendita del marchio. La sentenza del tribunale fallimentare è finita al centro di un'altra vicenda giudiziaria stavolta pendente davanti ai pm di Caltanissetta che ha ipotizzato che il provvedimento fosse stato pilotato da uno dei giudici del collegio, al momento indagato per corruzione insieme all'ex presidente rosanero Giovanni Giammarva. Dopo il fallimento della Us Città di Palermo, che ha messo definitivamente la parola fine sull'era Zamparini, l'imprenditore palermitano Dario Mirri ha rilevato il solo titolo sportivo creando una nuova società e ripartendo dai dilettanti.

Le parole del gip

"Io oggi devo andare in c..o ai Tribunale Fallimentare, al Tribunale imprese di Palermo, per essere chiari, e quindi siccome abbiamo tempi ristretti e questa relazione che non è altro che un'anticipazione o un primo flash del piano, va bene...", diceva, non sapendo di essere intercettato, Salvatore Tuttolomondo. Secondo il gip, Tuttolomondo avrebbero svuotato le casse della vecchia società, che stava per essere dichiarata fallita, sottraendo denaro ai creditori. Il crack della Us Città di Palermo venne dichiarato dal tribunale nel 2019. "Appare assai probabile che ciò che gli indagati hanno compiuto sul Palermo Calcio, - scrive il gip prospettando che i due indagati possano reiterare il reato - ossia cercar di acquisire con pochi soldi una società prossima al dissesto finanziario per cannibalizzarne ogni residua risorsa, possa essere realizzato anche ai danni di altre società". "Le modalità dell'azione realizzata dagli indagati - spiega il giudice - denota, innanzitutto, un vero e proprio metodo criminale fondato sulle competenze societarie dei Tuttolomondo e del loro entourage. L'utilizzo di crediti Iva inesistenti da portare in compensazione fiscale, costituisce evidentemente una prassi (posta in essere con il fittizio credito della Tecnosystem, poi nuovamente con il credito della Group Itec) che risulta sperimentata anche per altre società del Gruppo Atkus". Secondo il giudice, SalvatoreTuttolomondo "ha chiaramente manifestato una personalità criminale preoccupante per la padronanza tecnica in materia societaria unita a singolare scaltrezza, capace di radunare una serie di soggetti pronti a mettere a disposizione le loro professionalità per raggiungere le finalità illecite, se del caso con mistificazioni della realtà negoziale e accorgimenti giuridici distorti rispetto alle reali premesse".

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