Enna, disabile violentata: arrestato operatore sanitario

Sicilia
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La violenza sarebbe avvenuta durante il lockdown, mentre l'Oasi di Troina era dichiarata zona rossa. L'uomo ha confessato al termine di un lungo interrogatorio

La polizia ha arrestato l'uomo che avrebbe violentato durante il lockdown e messo incinta una ragazza disabile ricoverata all'Oasi di Troina mentre questa era positiva al Coronavirus (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - MAPPE E GRAFICI DEL CONTAGIO). L'uomo ha confessato al termine di un lungo interrogatorio.

La denuncia della famiglia

Il 39enne, L.A., è accusato  di violenza sessuale aggravata dall'aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era a lui affidata. La violenza sarebbe avvenuta durante il lockdown, mentre l'Oasi di Troina era dichiarata zona rossa. A denunciare i fatti alla squadra mobile lo scorso 11 settembre sarebbe stato l'avvocato nominato dalla famiglia della vittima, la quale soffre di gravissime patologie connesse a una rara malattia genetica e che ora aspetta un bambino.

L'esame del Dna e la gravidanza

L'inchiesta della squadra mobile di Enna guidata da Nino Ciavola, che ha da subito attivato il "codice rosso", è scattata dopo la denuncia del legale della famiglia della giovane. I genitori, ascoltati dalla squadra mobile, hanno confermato che sarebbe stato il personale della struttura a informarli della gravidanza della figlia, quando ormai era giunta alla 25esima settimana di gestazione. All'Oasi, infatti, nessuno si sarebbe accorto della gravidanza ritenendo che l'aumento di peso della ragazza dipendesse dal fatto che, durante il lockdown, ai degenti era permesso di mangiare di più o a causa dei farmaci. Dopo decine di audizioni e prelievi di campioni salivari per estrarre il Dna dal personale che in quel periodo accedeva alla struttura, dichiarata "zona rossa dopo il contagio di 162 tra operatori e ricoverati, ieri mattina è stato convocato l'operatore socio sanitario, dipendente della struttura di Troina da due anni.

L'interrogatorio e la confessione

L'uomo, che è sposato, ha due figli e non ha precedenti, è subito apparso particolarmente nervoso e confuso. È emerso che sarebbe stato autorizzato ad accedere all'Oasi in quel periodo, per carenza di personale, come operatore socio sanitario proprio nel reparto dove erano stati trasferiti tutti i ricoverati risultati positivi al Covid. Durante una delle tante notti prestate in struttura, approfittando dell'assenza temporanea dell'infermiere, l'operatore avrebbe violentato la giovane che conosceva da anni. La confessione al termine di un lungo interrogatorio, mentre continuano le indagini per chiarire ogni ulteriore aspetto della vicenda e valutare eventuali altre responsabilità.

Il commento dell'Oasi di Troina

Mentre esprime piena fiducia nella magistratura plaudendo l'operato della Squadra Mobile della polizia di Stato, la dirigenza dell'Oasi di Troina prende le distanze dal'operatore socio sanitario che ha confessato di avere abusato della giovane, affetta da una grave disabilità psichica legata ad una rara malattia genetica. La giovane che ora aspetta un bambino sarebbe stata violentata ad aprile mentre era positiva al coronavirus. "Sono già in corso provvedimenti disciplinari - dicono in una nota dall'Oasi mentre esprimono "piena fiducia ai tanti operatori, che da sempre hanno svolto con professionalità, competenza e umanità il loro lavoro. In 65 anni di vita dell'Oasi è la prima volta che ci troviamo di fronte ad un evento simile - aggiungono - Tutti i nostri operatori sono da sempre educati, non solo a livello professionale, ma anche a livello etico attraverso specifici corsi sulla mission dell'Opera".
La denuncia è stata presentata l'11 settembre scorso dal legale della famiglia che era stata informata della gravidanza della giovane dell'istituto e dopo l Oasi ha sporto denuncia ai carabinieri. La giovane, che è ancora ospite dell'istituto, sarà spostata presso un'altra struttura mentre nulla si sa sul destino del nascituro. "Comprendiamo lo sconcerto delle famiglie - dice il presidente dell'Istituto, don Silvio Rotondo - che è anche il nostro e per i loro parenti qui ricoverati. Vogliamo rassicurare tutti che questo episodio va considerato un unicum che non può intaccare il lavoro professionale di tanti nostri operatori e per tanti anni. Come le nostre famiglie sanno noi ci facciamo carico dei nostri ospiti per ogni cosa, soprattutto per rendere la loro vita più serena. Prima arriviamo alla chiarezza totale, e prima l'Istituto può riprendere con serenità il servizio che facciamo nei confronti di una popolazione fragile e che a noi sta molto a cuore servire". 

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