Gli imputati erano tutti ex deputati regionali. Il primo cittadino è stato condannato a 4 anni e 3 mesi: rischia la sospensione della carica per effetto della legge Severino. Una sola assoluzione. Pogliese: "Condanna ingiusta"
La terza sezione del tribunale di Palermo ha condannato cinque imputati, tutti ex deputati regionali, nel processo per le cosiddette spese pazze dell'Assemblea regionale siciliana fra cui Salvo Pogliese, attuale sindaco di Catania, condannato a 4 anni e 3 mesi. Pogliese rischia inoltre la sospensione dalla carica per effetto della legge Severino. Unico assolto Giambattista Bufardeci.
Le condanne e le accuse
Gli imputati sono tutti accusati di peculato continuato per aver utilizzato fondi dei gruppi parlamentari, di cui erano ai vertici, in maniera impropria. Queste le altre quattro condanne: Giulia Adamo a 3 anni e sei mesi, Cataldo Fiorenza a 3 anni e 8 mesi. Rudy Maira a 4 anni e sei mesi, Livio Marrocco a 3 anni. Le somme contestate sono per Adamo 11.221 euro, per Fiorenza 16.220, per Maira 82.023, per Marrocco 3.961, per Pogliese 75.389. Ai condannati, tranne Maira, sono state concesse le attenuanti generiche. Il tribunale ha interdetto Pogliese e Maira in perpetuo dai pubblici uffici e Marrocco e Fiorenza per due anni e 6 mesi. I giudici hanno inoltre dichiarato l'estinzione di rapporti di lavoro o di impiego di Maira e Pogliese nei confronti di amministrazioni o enti pubblici. Tra le spese contestate dall'accusa a Pogliese vi sono: 1.200 euro per la "sostituzione di varie serrature e varie maniglie per porte" in uno studio professionale di famiglia, 30mila euro per soggiorni in albergo a Palermo, anche assieme ai familiari, cene e spese di carburante, 280 euro per la retta scolastica del figlio e 30mila ero in assegni girati sul conto personale.
Pogliese: “Condanna ingiusta”
"Non posso nascondere enorme amarezza e grande delusione per una sentenza che trovo assolutamente ingiusta. Ma da uomo delle istituzioni la devo accettare e rispettare”. Questo il commento del sindaco Pogliese dopo la sentenza. “Nella mia vita - ha aggiunto - mi sono sempre comportato da persona perbene e onesta interpretando i ruoli, che i catanesi e i siciliani mi hanno affidato, con grande generosità, passione e infinito amore per la mia terra e per la mia Catania a cui sono visceralmente legato. Lo stesso amore - ha ribadito - che due anni fa mi ha portato a lasciare un prestigioso ruolo al parlamento europeo per servire la mia città (in dissesto e con 1.580.000 di euro di debiti ereditati), con una contestuale decurtazione della mia indennità dell'80% e rinunziando alle tutele giuridiche che quel ruolo mi avrebbe garantito. L'ho fatto perché sono assolutamente certo della mia correttezza etica e morale”.
"Prendo atto con grande delusione che ciò non è bastato a convincere chi doveva giudicarmi. Auspico - ha concluso - che l'appello a questa ingiusta sentenza sia quanto prima, affinché possa finalmente trionfare la giustizia e si possa dare la giusta rivincita a chi da oltre trent'anni, insieme a tanti amici e simpatizzanti, è stato sempre in prima linea per i valori dell'etica e della morale pubblica”.
Data ultima modifica