Mafia a Palermo, confiscati beni per 20 milioni di euro a imprenditore
SiciliaIl decreto della Dia ha colpito società, proprietà e conti correnti riconducibili all’uomo, che ha diversi precedenti e, secondo gli inquirenti, sarebbe stato legato a Cosa Nostra. Il tribunale ha applicato la misura della sorveglianza speciale per 2 anni e 6 mesi
La Dia di Palermo ha eseguito una confisca dal valore complessivo di 20 milioni di euro di beni immobili, ditte e conti correnti (sotto sequestro dal 2013) nei confronti di S.V., imprenditore palermitano di 48 anni. Il decreto è stato emesso dalla sezione di misure di prevenzione del tribunale cittadino e ha riguardato l'intero capitale sociale e il compendio aziendale di 5 società, tra cui la "Veragel srl" di Carini (Palermo), che operano nei settori dell’immobiliare e della commercializzazione di prodotti ittici.
La confisca
Il provvedimento ha coinvolto anche 13 strutture, tra cui appartamenti, magazzini e terreni a Palermo, Carini e Trabia (Palermo), Marsala (Trapani) e Sciacca (Agrigento). Sono stati poi confiscati i corrispettivi delle vendite di un edificio, due imbarcazioni da diporto, due motori fuoribordo, un'automobile, diversi libretti nominativi, conti bancari, depositi a risparmio, investimenti assicurativi e rapporti finanziari. Il Tribunale di Palermo ha applicato all’uomo la misura della sorveglianza speciale per due anni e sei mesi.
I precedenti dell’uomo e i legami con la mafia
L’imprenditore è stato arrestato una prima volta nel 1999 perché con il proprio padre aveva nascosto in una cella frigorifera della sua azienda un carico di pesce rubato a un autotrasportatore. Nel febbraio 2002 avviene il secondo arresto per rapina in concorso con alcuni mafiosi. Nel giugno 2012 è tornato in cella per il tentato omicidio di un uomo d’affari. La Dia ha inoltre dimostrato come il palermitano avesse acquisito un consistente patrimonio immobiliare e costituito numerose aziende del settore del commercio di prodotti alimentari, anche grazie ai finanziamenti comunitari erogati dal fondo europeo per la pesca in Sicilia, evadendo le tasse. Inoltre, secondo gli inquirenti, il soggetto sarebbe stato legato alla mafia corleonese e la sua scalata imprenditoriale sarebbe strettamente connessa ai suoi legami con Cosa nostra. Diversi 'pentiti' hanno poi confermato che il suo capitale è stato accumulato grazie all'appoggio e al sostegno dell’organizzazione criminale: in cambio di tutto questo, l'individuo dava denaro ai clan e assumeva uomini a loro vicini.