Mafia, omicidio sul sagrato di una chiesa a Gela: tre arresti
SiciliaL'assassinio sarebbe maturato nell'ambito di contrasti di natura economica e per l'intromissione della vittima, legata alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo, negli affari illeciti di un gruppo avversario
A Gela, in provincia di Caltanissetta, i carabinieri hanno notificato delle ordinanze di custodia cautelare a tre persone, ritenute vicine al clan mafioso degli Emmanuello. Sono accusate dell'omicidio di Domenico Sequino, ucciso con colpi di pistola nel dicembre 2015 sul sagrato della chiesa madre di Gela. Si tratta di N.L di 45 anni, del figlio G.L di 22 anni (entrambi già in carcere) e S.R. di 29 anni, che era ai domiciliari. Al delitto avrebbe partecipato una quarta persona non ancora identificata. I due L. sarebbero i mandanti.
L'attività investigativa
Secondo le indagini, l'omicidio sarebbe maturato nell'ambito di contrasti di natura economica e per l'intromissione della vittima, legata alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo, negli affari illeciti di un gruppo avversario. Sequino era stato arrestato nel 2006 per associazione mafiosa nell'ambito dell'operazione denominata "Tagli pregiati". Determinanti per l'inchiesta sono stati gli esiti delle indagini - anche attraverso attività d'intercettazione - nei confronti del gruppo riconducibile a L., che traffica in stupefacenti, nell'ambito dell'operazione denominata "Donne d'onore".
La dinamica dei fatti
Da quanto trapela, N.L, all'epoca dell'omicidio detenuto, era alla ricerca di denaro necessario a far fronte alle esigenze di vita della propria famiglia e ad avviare il traffico di droga che stava organizzando insieme al figlio G., al genero, alla moglie e alla figlia, attraverso l'acquisto di stupefacente da fornitori catanesi. L'uomo voleva rientrare in possesso del denaro che qualche tempo prima avevano consegnato a Sequino affinché lo riciclasse con operazioni bancarie e iniziative imprenditoriali portate avanti in Lombardia da membri della famiglia mafiosa Rinzivillo. Inoltre, le indagini hanno accertato che Sequino si era intromesso negli affari dei L. prendendo le difese, nel corso di una discussione con G., di un imprenditore gelese, vittima di estorsione. Da qui la volontà di ucciderlo.