Palermo, operazione contro un clan della mafia nigeriana: 19 indagati

Sicilia
L'operazione della Polizia contro la mafia nigeriana (Agenzia Fotogramma)

L'attività investigativa ha preso spunto dalla denuncia di una ragazza nigeriana vittima di tratta e di sfruttamento della prostituzione

Nell'ambito dell'operazione denominata 'No Fly Zone', effettuata per disarticolare il clan nigeriano denominato 'Elye Supreme Confraternity', ramificato su tutto il territorio nazionale, la Dda ha disposto 17 provvedimenti di fermo, di cui sette eseguiti: dieci persone sono ancora ricercate. Gli indagati, in totale, sono 19. La cellula operava anche a Napoli, Torino, Cagliari, Catania, Caltanissetta e in provincia di Treviso. Nelle indagini la squadra mobile si è avvalsa anche della collaborazione di due nigeriani. Uno dei due era stato aggredito e ferito, il 9 settembre scorso, nel mercato Ballarò, da alcuni connazionali. Un amico della vittima ha poi riferito agli agenti che l'aggressione era stata organizzata dalla mafia nigeriana e da quel momento è nata la collaborazione con le forze dell'ordine. 

L'inizio delle indagini

L'attività investigativa ha preso spunto dalla denuncia di una ragazza nigeriana, vittima di tratta e di sfruttamento della prostituzione, che ha fornito agli agenti significativi elementi in ordine all'appartenenza agli Eiye del suo sfruttatore. Gli investigatori hanno individuato la casa di appuntamenti all'interno del quartiere storico di Ballarò e avviato una capillare attività che ha consentito di ricostruire l'organigramma dell'associazione a livello locale, fino a giungere all'identificazione dei suoi vertici. Nel corso delle indagini, inoltre, sono stati documentati numerosi episodi violenti riconducibili al clan e alla sua capacità di imporsi sul territorio, oltre alle diverse attività illecite connesse allo spaccio di stupefacenti e alla prostituzione, principalmente localizzate nel quartiere Ballarò del capoluogo siciliano. 

Le dichiarazioni

Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro degli Interni, Matteo Salvini: "Altro colpo alla mafia nigeriana, con 13 fermi disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Parlermo. Violenti, organizzati, senza scrupoli: i boss africani rappresentano un pericolo crescente che va subito estirpato. Grazie a forze dell'ordine e inquirenti", le sue parole.
Così, invece, Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia: "Grazie alle nostre forze dell'ordine per aver arrestato 13 nigeriani che, a Palermo, hanno dato vita a una vera e propria organizzazione criminale con regole e gerarchie simili a quella della mafia siciliana. Fratelli d'Italia è l'unica forza politica che, da tempo, denuncia il proliferare di questo fenomeno su tutto il territorio nazionale. Questa operazione farà aprire gli occhi ai guru dell'antimafia e dell'accoglienza indiscriminata?".

La mafia nigeriana

Dalla metà del '900 gli studenti universitari nigeriani hanno iniziato a organizzarsi in associazioni, meglio note come gruppi cultisti, per portare avanti le loro istanze. Questi gruppi molto presto hanno cominciato a occuparsi anche di attività illecite. Il fenomeno ha compiuto il 'salto di qualità' negli Anni '90 del secolo scorso, imitando talvolta, per quanto riguarda gli aspetti gestionali e la soluzione dei conflitti, le associazioni a delinquere più note come la mafia italiana.

I gruppi criminali

Esistono rappresentanti nazionali, regionali e locali organizzati in modo gerarchico, e organi collegiali al cui interno si individuano figure ben delineate cui sono rimesse le scelte fondamentali dell'associazione e le affiliazioni di nuovi aspiranti che seguono uno specifico rituale. Gli Eiye usano prevalentemente il bianco e il blu come colori distintivi e ogni membro viene chiamato bird o air lord. Come i loro antagonisti Black Axe, preferiscono le armi bianche, i machete e le bottiglie di vetro spezzate. I Pirats o Seedogs, i Vikings e Arubaga sono gruppi che derivano dalla stessa confraternita nigeriana.

I riti di iniziazione

Per entrare nell'organizzazione un nuovo bird è sottoposto a un rito d'iniziazione e uno di questi è stato registrato da una microspia piazzata a Ballarò dagli agenti della squadra mobile. Nella registrazione si vede l'aspirante membro che viene spogliato e spinto a terra, preso a calci e pugni, ferito con un rasoio e poi costretto a bere un intruglio composto dal suo sangue, dalle lacrime - sollecitate dallo strofinio di peperoncino contro gli occhi - e anche di alcol e tapioca. Al rito partecipano solo alcuni membri che seguono un rigido protocollo. L'iniziato viene sottoposto a gravi atti di violenza che servono in qualche modo a testare la serietà delle sue intenzioni e la sua fedeltà. L'organizzazione ha un rigido sistema di regole e chi trasgredisce subisce severe sanzioni. L'associazione ha una cassa, alimentata dal denaro degli affiliati, alla quale si attinge anche per pagare le spese legali degli associati.

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