Catania, mafia: clan Laudani di Giarre gestiva business case popolari
SiciliaLe indagini inoltre, parte dell'operazione denominata 'Smack forever', hanno accertato che durante le elezioni comunali del 2016 il clan aveva appoggiato candidati vicini alla cosca
I Carabinieri di Catania hanno eseguito ordinanze di custodia cautelare in carcere per 17 indagati, nell’ambito di un’operazione che mira a smantellare i nuovi affiliati al gruppo malavitoso del clan Laudani, attivo a Giarre, in provincia di Catania. L’operazione è stata denominata ‘Smack forever’, in quanto alcuni membri del gruppo si sono fatti tatuare sul corpo il simbolo dei Laudani, delle labbra.
Gli arresti
Tra gli arrestati figurano anche due donne, Sharon Francesca Contarino, di 26 anni, e Valeria Vaccaro, di 27. Sono finiti in manette Emmanuel Bannò, di 24 anni; Roberto Bonaccorsi, di 53; Filippo Giuseppe Del Popolo Chiappazzo, di 23; Rosario Pietro Forzisi, di 22; Salvatore Greco, di 46; Davide Indelicato, di 38. L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa anche nei confronti di Alessandro Liotta, di 42 anni; Carmelo Mauro, di 21; Francesco Messina, di 48; Giuseppe Musumeci, di 31; Vincenzo Musumeci, di 43; Salvatore Nicotra, di 62; Giovanni Marconato Oliveri, di 24; Massimo Pagano, di 41; Leonardo Patanè, di 65.
Le indagini
I reati ipotizzati dalla Procura sono associazione mafiosa finalizzata a estorsione, furto in abitazione, lesioni e riciclaggio, tutti reati aventi l’aggravante di aver favorito Cosa nostra. Da quanto emerso durante le indagini, il gruppo, che era in possesso di armi, controllava una vasta porzione del territorio esigendo dai commercianti il pagamento del pizzo e imponendo l’assunzione di determinate persone. L’esercizio del potere avveniva tramite pestaggi, incendi di veicoli e furti. I proventi delle attività illecite venivano riciclati attraverso conti correnti e depositi fittizi. Le indagini inoltre hanno accertato che durante le elezioni comunali del 2016 il clan aveva appoggiato candidati vicini alla cosca. Sono stati evidenziati contatti con alcuni consiglieri, che non sono stati identificati, da parte del boss Alessandro Liotta.
Il business delle case popolari
Secondo le indagini inoltre Liotta gestiva l’assegnazione delle case popolari, che affidava alle persone a lui più vicine o lucrando sui canoni delle locazioni. Nel far questo, Liotta sottraeva gli immobili ai precedenti proprietari, anche con la violenza. L’Istituto Autonomo Case Popolari di Acireale aveva intimato lo sgombero alle abitazioni occupate abusivamente. Di tale ordinanza però, sottolinea la Procura, "si sconosce l'esito".