Tra la Puglia e la Campania sottoposti a sequestro tre depositi di carburanti e un distributore, per una capienza complessiva di circa mille metri cubi, un'area di parcheggio, cinque mezzi di trasporto
Gasolio per uso agricolo, con accisa agevolata, e per i pescherecci, con accisa praticamente pari a zero, venduto come gasolio da autotrasporto. E quando all'orizzonte si profilava l'eventualità di un controllo delle forze dell'ordine, l'autotrasportatore, per uscirne pulito, colorava il carburante con un semplice ma efficace meccanismo "a pulsante" grazie al quale iniettava l'additivo nella cisterna. Questo è quanto ha scoperto il nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Napoli, coordinata dalla procura di Nola, che oggi, tra la Puglia e la Campania, ha sottoposto a sequestro tre depositi di carburanti e un distributore, per una capienza complessiva di circa mille metri cubi, un'area di parcheggio, cinque mezzi di trasporto circa 100mila euro in denaro contante
Il sequestro
I sigilli riguardano 14 persone nei confronti delle quali gli inquirenti ipotizzano i reati, in concorso, di sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa su prodotti energetici e irregolarità nella circolazione dei carburanti. I militari si sono concentrati su cinque società, tra cui una titolare di un deposito fiscale autorizzato a detenere prodotto energetico in sospensione d'imposta, in attesa di essere immesso in consumo per varie destinazioni. Gli indagati avrebbero messo in piedi, tra le province di Napoli, Caserta, Salerno e Barletta, un sistema di frode fiscale volto a estrarre dal deposito fiscale, attraverso documenti solo formalmente corretti, gasolio con imposte agevolate per uso motopesca o agricolo, parte del quale sarebbe stato invece destinato di fatto nell'autotrazione. In questo modo gli indagati si sarebbero garantiti profitti commisurati alla maggiore imposta cui il gasolio sarebbe stato assoggettato se destinato direttamente all'uso finale per autotrazione.
Il modus operandi
Dall'indagine emerge che grazie alla conversione da chilogrammi a litri era possibile ricavare delle provviste di carburante "in nero" che potevano essere utilizzato per fini personali o anche per la vendita. L'acquisto del carburante, all'origine, infatti, viene eseguito utilizzando come unità di misura i chilogrammi. La trasformazione in litri avviene successivamente dividendo il numero di chilogrammi acquistati con la densità del carburante rilevata. Se la divisione avviene con un valore di densità più alto del reale, allora si ottiene, solo sulla carta, un numero di litri più basso. In questo modo era possibile accantonare la differenza che, secondo quanto emerso dalle indagini, poteva essere utilizzata per fini personali e, anche, per la vendita non dichiarata.