Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la donna era convinta che il bimbo fosse affetto da problemi di ritardo mentale, nonostante questa sua teoria non fosse finora stata confermata dal punto di vista sanitario, per questo l'avrebbe ucciso
Sembra fosse ossessionata da quei presunti ritardi mentali accusati dal figlio di soli due anni e mezzo. Ritardi finora mai diagnosticati dal servizio sanitario, ma che per lei, che lo aveva messo al mondo nel luglio del 2019, erano evidenti. E sarebbe stata proprio questa ossessione a spingere ieri sera la donna, 40 anni maturati all'interno di una buona famiglia di Torre del Greco (Napoli), a uccidere il bimbo annegandolo nello specchio d'acqua a ridosso del porto. Inutili i tentativi di salvare il piccolo. Interrogata dagli investigatori, la donna successivamente ha ammesso le proprie responsabilità. Ora è rinchiusa nel carcere femminile di Pozzuoli, su disposizione della procura di Torre Annunziata. L'accusa è di omicidio volontario.
La ricostruzione
È avvenuto nella serata di ieri, quando il piccolo è stato recuperato senza vita nelle acque antistanti località La Scala, a due passi da un parco giochi tanto frequentato d'estate, quanto isolato e buio d'inverno. In questo scenario alcune persone sono state attratte dalle urla: due ragazzini, notata la scena e vista la donna in prossimità di una scogliera, si sono tuffati in acqua per prestare soccorso al piccolo. Una prontezza che però non è servita a salvarlo: inutili i soccorsi e il disperato tentativo di praticargli un massaggio cardiaco. Le indagini, condotte dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di viale Carlo Alberto Dalla Chiesa, hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico della donna. Il primo a dare l'allarme era stato il marito, che ne aveva denunciato l'allontanamento dalla casa di famiglia, a ridosso del centro cittadino di Torre del Greco, assieme al piccolo attorno alle 21. La donna, in evidente stato di choc, è stata condotta negli uffici dell'Arma: qui è stata interrogata, alla presenza del difensore di fiducia, dal pm di turno. Al termine dell'interrogatorio è arrivato il decreto di fermo.
Le indagini
''Sono tuttora in corso le indagini per accertare compiutamente i motivi dell'omicidio - ha detto il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso - ma allo stato, sulla scorta delle prime acquisizioni investigative, il gesto della donna sarebbe riconducibile al fatto che la stessa credeva che il figlio fosse affetto da problemi di ritardo mentale, nonostante non vi fosse alcuna conferma dal punto di vista sanitario''. Nella zona della Scala per tutta la giornata si sono susseguiti i rilievi investigativi ma anche il pellegrinaggio dei passanti, molto toccati dalla tragedia. Qualcuno ha posto una croce in legno rudimentale nella sabbia, mentre l'area è stata posta sotto sequestro.
Il racconto dei due ragazzini intervenuti
Due minorenni, tra i primi ad intervenire, danno la loro testimonianza: ''Abbiamo udito le grida di aiuto provenire dalla zona e quando ci siamo avvicinati abbiamo notato una donna sull'estremità della scogliera e un uomo, che abbiamo pensato potesse essere il padre del piccolo, in mare. Visto che era in difficoltà, abbiamo deciso di entrare in acqua dalla parte dove sapevamo si toccava fino a raggiungere il piccolo. Ma già nel portarlo a riva abbiamo capito che la situazione era disperata''. I ragazzi avrebbero poi dato una mano alla donna: ''Quando siamo tornati verso la scogliera, la signora ha detto di essere stata rapinata da uno straniero. Arrivati a riva, c'era chi stava provando a rianimare il piccolo con un massaggio cardiaco. Ma non c'è stato nulla da fare".
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