Napoli, usura aggravata da metodo mafioso: quattro anni in appello per commerciante d'auto

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Confermata la sentenza di primo grado per l’uomo ritenuto vicino al clan dei Casalesi. La condanna è arrivata grazie alla duplice denuncia di un imprenditore del settore lattiero-caseario

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La corte d'appello di Napoli ha confermato la condanna di primo grado a quattro anni di reclusione per usura aggravata dal metodo mafioso per Ciro Benenati, commerciante d'auto di Caserta ritenuto vicino al clan dei Casalesi. Benenati è stata condannato grazie alla denuncia dell'imprenditore casertano del settore lattiero-caseario Roberto Battaglia, che ha denunciato per due volte il concessionario d'auto: la prima per usura, la seconda per estorsione insieme ai fratelli del boss Michele Zagaria, finendo anche sotto scorta (il dispositivo di sicurezza gli è stato revocato due anni fa).

Le denunce

Le due denunce erano strettamente connesse, visto che Battaglia (difeso nei processi da Gianluca Giordano e Carlo De Stavola) ha denunciato Benenati a cui si era rivolto per farsi prestare 600 milioni delle vecchie lire, finendo poi nel vortice usuraio; quindi ha denunciato Pasquale, Carmine ed Antonio Zagaria, fratelli di Michele Zagaria, e i tre nipoti del boss, ovvero Filippo, Raffaele e Francesco Capaldo (figli di Beatrice Zagaria, sorella di Michele), ai quali si era rivolto Benenati per ottenere il recupero del credito usuraio vantato verso Battaglia.

I processi

I due processi hanno però avuto un epilogo differente, visto che Benenati è stato condannato per usura aggravata in primo e secondo grado, mentre è stato assolto in entrambi i gradi insieme a fratelli e nipoti di Zagaria nell'altro processo per estorsione; quest'assoluzione è avvenuta nel marzo scorso e amareggiò non poco Battaglia, facendogli vacillare la fiducia nelle istituzioni. Oggi invece l'imprenditore, che per le pressioni subite da Benenati e dagli Zagaria fu costretto a vendere diversi beni aziendali e a chiudere la sua azienda per trasferirsi fuori regione, è soddisfatto.

Imprenditore: “Voglio credere nello Stato”

"Confermo la mia volontà di credere nello Stato - dice Battaglia - e questa sentenza conferma che ho fatto la cosa più giusta che potessi fare, ovvero denunciare queste persone. Invito tutti gli imprenditori che soffrono le umiliazioni perché ricattati dai malavitosi di denunciare il prima possibile. Ringrazio le forze di polizia e la magistratura, in particolare la Dda di Napoli, per il grande lavoro fatto".

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