Violenze in carcere a Santa Maria Capua Vetere, obbligo di dimora per uno degli arrestati

Campania

Il Tribunale ha disposto la scarcerazione di un agente di polizia penitenziaria fermato nell'ambito dell'indagine sulle violenze nei confronti dei detenuti avvenute il 6 aprile 2020

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha disposto la scarcerazione dell'agente della Polizia Penitenziaria, Angelo Bruno, 55 anni, finito in carcere, lunedì 28 giugno scorso su ordine del gip Sergio Enea nell'ambito dell'indagine della Procura sulle violenze ai danni di detenuti avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. (IL VIDEO - LA TESTIMONIANZA - LE SOSPENSIONI - LE MISURE CAUTELARI) Per Bruno è stato disposto l'obbligo di dimora nel comune di residenza. Il giudice ha accolto, nonostante il parere contrario degli inquirenti, l'istanza urgente presentata da Rossana Ferraro, avvocato di Bruno, alla quale aveva allegato documentazione attestante che il 55enne, nel marzo 2021, era stato riformato dal Corpo della Penitenziaria a causa di una patologia agli arti. Intanto oggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sono arrivati gli ispettori inviati dal Ministero di Grazia e Giustizia.

La decisione del Tribunale

Delle condizioni di salute di Bruno e del fatto che era stato riformato non erano a conoscenza né la Procura di Santa Maria Capua Vetere né il Gip Enea che ha emesso il provvedimento di carcerazione, e che è emerso durante l'interrogatorio di garanzia cui Bruno è stato sottoposto il due luglio scorso; circostanza che ha fatto venir meno le esigenze cautelari per cui Bruno era stato mandato in carcere, ovvero il pericolo di reiterazione del reato. Ma quella patologia che impediva a Bruno di compiere certi servizi in carcere, e che il suo legale ha segnalato nel 2019 persino con un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, avrebbe avuto rilevanza anche durante la perquisizione straordinaria del 6 aprile 2020. Durante l'interrogatorio Bruno aveva risposto alle domande del Gip, è stato uno dei pochi a farlo tra i 52 agenti e funzionari colpiti da misura cautelare, spiegando che quel giorno, a causa della sua malattia, non portava né casco né manganello. "Ero esonerato da questo servizio - aveva riferito durante l'interrogatorio - e se qualcuno mi ha riconosciuto come un picchiatore ha sbagliato. Io sto all'amministrazione, e peraltro al reparto Danubio, non al Nilo". Il Gip ha tenuto conto di queste dichiarazioni, come di un fermo-immagine presentato dall'avvocato Ferraro in cui emerge che Bruno blocca un collega che stava prendendo a schiaffi un detenuto. Bruno ha sempre espresso con veemenza la sua innocenza, anche nel giugno del 2020, quando i carabinieri si recarono al carcere di Santa Maria Capua Vetere per sequestrare i cellulari dei poliziotti coinvolti nei pestaggi dell'aprile precedente, e lui per protesta, salì sul tetto del carcere; fu proprio il Procuratore Aggiunto di Santa Maria Capua Vetere Alessandro Milita, titolare del fascicolo e presente all'interrogatorio, a convincerlo a scendere e a concludere la protesta.

Arrivati gli ispettori inviati dal ministero

Oggi sono arrivati gli ispettori inviati dal ministero di Grazia e Giustizia al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Lo scopo è avviare un'indagine amministrativa che faccia luce su cosa non ha funzionato nella catena di comando il 6 aprile 2020, giorno in cui si verificarono le violenze. Quel giorno il direttore Elisabetta Palmieri era assente per malattia, c'era la reggente Parenti ma dalle indagini appare che la decisione fu presa dal vertice regionale del Dap, Antonio Fullone. Gli ispettori sentiranno i funzionari in servizio, anche per capire come mai i detenuti che hanno denunciato i pestaggi e gli agenti denunciati siano rimasti per oltre un anno faccia faccia nello stesso reparto, il Nilo, dove sono avvenute le violenze. La Ministra Cartabia ha chiesto "una verifica a più ampio raggio, in sinergia con il Capo del Dap, con il Garante nazionale delle persone private della libertà e con tutte le articolazioni istituzionali, specie dopo quest'ultimo difficilissimo anno, vissuto negli istituti penitenziari con un altissimo livello di tensione".

Commissario capo: "Giunsi a operazione pianificata"

Proseguono intanto gli interrogatori di garanzia di fronte al gip Sergio Enea. Il commissario capo della Polizia Penitenziaria Anna Rita Costanzo, 44 anni, finita ai domiciliari, è stata sentita oggi e si è riportata all'interrogatorio reso nel gennaio scorso, quando si presentò spontaneamente alla Procura di Santa Maria Capua Vetere per chiarire la sua posizione. Come scrive il Gip Enea nell'ordinanza d'arresto, riferendosi all'interrogatorio reso dalla funzionaria a gennaio, "prezioso aiuto è stato fornito dalla collaborazione della Commissaria Costanzo Anna Rita, che nel suo interrogatorio ha riconosciuto altri agenti e ufficiali di Polizia Penitenziaria, che non erano stati compiutamente individuati dai detenuti". Costanzo spiegò di non essere tra gli organizzatori della perquisizione. "Io - riferì a gennaio - arrivai dopo che i comandanti si erano riuniti per distribuire i ruoli e i compiti nella stanza di Manganelli, ove l'operazione era stata pianificata; non so dire come fosse stata pianificata ed organizzata l'operazione né lo compresi dopo. Io arrivai in Istituto prima che iniziasse la perquisizione ed a cose già pianificate".

Nelle immagini interne del carcere determinanti per ricostruire i pestaggi avvenuti il 6 aprile 2020, la Costanzo aveva il manganello in mano e in qualche circostanza l'ha usato; come emerge dall'ordinanza di arresto, la poliziotta penitenziaria ha però impartito ordini precisi ai propri uomini, come quelli relativo ad un detenuto: "Le deve avere". Ad un detenuto che le chiedeva, implorandola, "perché ci state facendo picchiare, aiutatemi sto subendo troppo, mi stanno uccidendo", Costanzo rispose: "per colpa vostra sto facendo le nove di sera". Oggi sono stati sentiti anche altri agenti colpiti da misura cautelare, tra cui Raffaele Piccolo di 48 anni che si è avvalso della facoltà di non rispondere.

L'ex comandante Manganelli respinge ogni addebito

Sentito oggi per l'interrogatorio di garanzia anche l'ex comandante della Polizia Penitenziaria Gaetano Manganelli. Manganelli, difeso dall'avvocato Giuseppe Stellato, ha spiegato al gip di non essere stato tra coloro che hanno "gestito, diretto e organizzato" la perquisizione straordinaria del 6 aprile 2020, e, in pratica, si è tirato fuori dal gruppo di funzionari che secondo gli inquirenti avrebbero pianificato la perquisizione definita dal gip "un'orribile mattanza". Manganelli ha fatto presente al giudice di non essere mai ripreso nei video. Oggi è stato ascoltato un altro indagato, Angelo Iadicicco, che si avvalso della facoltà di non rispondere. 

Conams: "Severa condanna"

"Il Conams (Coordinamento nazionale dei Magistrati di sorveglianza) di fronte all'evidenza dei fatti di ingiustificabile violenza ai danni di detenuti verificatisi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, come testimoniato dai video divulgati in questi giorni dai media, esprime un giudizio di incondizionata e severa riprovazione che non confligge con il pieno rispetto della presunzione di non colpevolezza e dei diritti degli indagati e con la necessità che le singole responsabilità vengano accertate con i tempi e le garanzie del giusto processo". È quanto si legge in un comunicato. "Il Conams riafferma l'altissimo valore non negoziabile della dignità di ogni persona umana e dell'inviolabilità dei corpi dei detenuti consacrata negli istituti millenari posti a fondamento dello Stato di diritto e della civiltà umana e giuridica", si sottolinea nella nota.

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