Il blitz dei carabinieri, coordinati dalla Dda, ha portato a provvedimenti nei confronti di persone ritenute appartenenti a due organizzazioni criminali che si occupavano di estorsioni e traffico di stupefacenti, acquistando droga anche dalla ‘ndrangheta, tra Poggiomarino e Comuni limitrofi. Misure cautelari emesse anche nelle provincie di Salerno, Imperia, Cosenza, Ancona e Reggio Emilia
I carabinieri di Napoli e Salerno, coordinati dalla Dda, nel corso di un blitz anticamorra hanno notificato 26 provvedimenti cautelari ad altrettante persone, ritenute appartenenti a due organizzazioni criminali che si occupavano di estorsioni e traffico di stupefacenti (acquistando droga anche dalla 'ndrangheta) nel Napoletano, tra Poggiomarino e i comuni limitrofi. Le ordinanze, emesse dal gip, sono state eseguite nelle province di Napoli, Salerno, Imperia, Cosenza, Ancona e Reggio Emilia.
I sequestri
I militari dell'arma hanno anche sequestrato beni per circa 50 milioni di euro e 62 ordigni, scoperti dai carabinieri a Poggiomarino. Gli investigatori non escludono, al momento, che si tratti di materiale esplosivo peraltro particolarmente pericoloso destinato a episodi di intimidazione ai danni delle vittime delle estorsioni.
Il decreto decreto di sequestro preventivo emesso dal gip di Napoli nei confronti degli indagati riguarda beni mobili (7 autoveicoli e 3 motocicli), immobili (14 appartamenti e 8 terreni), rapporti finanziari (88 rapporti finanziari e 8 polizze assicurative), imprese (1 ramo d'azienda, 5 quote di capitale sociale nonché i beni aziendali e strumentali di 13 società).
Le indagini
Le indagini hanno consentito di fare luce su una serie di estorsioni e di intimidazioni, con colpi d'arma da fuoco, ma soprattutto su un traffico di stupefacenti, con approvvigionamenti anche attraverso le 'ndrine calabresi. Al centro due distinte organizzazioni criminali: una riconducibile al clan Fabbrocino (capeggiata da Antonio Giuliano detto "o' savariello", luogotenente dei Fabbrocino, detenuto presso il Carcere di Nuoro), storicamente presente a Poggiomarino e nelle zone limitrofe; l'altra a Rosario Giuliano, detto "o' minorenne", omonimo di Antonio Giuliano e sorta dopo la scarcerazione del pregiudicato Rosario Giugliano, detto "o' minorenne", solo omonimo di Antonio.
Il traffico di droga con la 'ndrangheta
A quanto emerge dalle indagini, il clan riconducibile a Rosario Giuliano, detto "O' minorenne", acquistava la droga grazie ai contatti con la ndrina calabrese dei Pesce-Bellocco della Piana di Gioia Tauro, dalla quale si riforniva di marijuana attraverso Giosafatte Giuseppe Elia. La sostanza stupefacente veniva poi trasportata e custodita da incensurati insospettabili come Francesco De Michele e Adriano De Filippo, i quali utilizzavano anche furgoni di copertura adibiti alla distribuzione del caffè per movimentare lo stupefacente.
"O' minorenne", scarcerato nel marzo 2020, dal carcere coordinava i suoi uomini grazie alla compagna, Teresa Caputo, la quale riferiva agli affiliati i voleri del capo appresi durante i colloqui. Gli incontri con Teresa Caputo (madre del cantante neomelodico Alfonso Manzella, alias "zuccherino", finito ai domiciliari per avere sparato contro delle persone) avvenivano in una ludoteca a causa del fatto che la donna portava con sé un figlio minorenne. Una volta uscito di carcere, ha stabilito in una mansarda di Pagani, in provincia di Salerno, la sua centrale operativa dove è stato intercettato dalla Squadra Mobile di Salerno.
Canzoni neomelodiche per reclutare affiliati
Aiutava il patrigno boss, con le sue canzoni, il cantante neomelodico Alfonso Manzella, in arte "Zuccherino", che scriveva e usava i suoi brani per reclutare affiliati e scagliarsi contro i nemici: le forze dell'ordine e la magistratura. È quanto emerso nel corso dell'indagine. I due gruppi criminali, dopo essersi fatti la guerra, hanno iniziato a collaborare e a spostare i rispettivi interessi anche in quella zona "cerniera" del Salernitano che è l'agro-nocerino-sarnese. Poi, quando la sovraesposizione di Manzella (figlio di Teresa Caputo, compagna di Rosario Giugliano) iniziò a diventare pericolosa, fu deciso per lui un ruolo più defilato: il suo spazio è stato via via occupato da un altro uomo di fiducia, Cristian Sorrentino (anche lui destinatario di una misura cautelare), ritenuto promotore e organizzatore dell'associazione e sovrintendente alle attività illecite nel campo delle estorsioni e del commercio di stupefacente.
Due fermi nel Salernitano per tentato omicidio
Rosario Giuliano sarebbe anche dietro l'agguato a un ex collaboratore di giustizia, Carmine Amoruso, avvenuto martedì scorso 13 aprile a San Marzano sul Sarno (in provincia di Salerno). Per il tentato omicidio sono stati arrestati dai carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore e dagli agenti della squadra mobile di Salerno Giuliano e Nicola Francese (uomo di fiducia del boss). Ad entrambi i pm antimafia contestano la premeditazione del tentato omicidio aggravato dalle finalità mafiose. La vittima da alcuni mesi si era allontanata dalla località protetta dove era stata collocata nell'ambito di un programma di protezione. La pianificazione dell'eliminazione di Amoruso è avvenuta nella mansarda di Pagani (Salerno), dove la Squadra Mobile di Salerno ha intercettato le conversazioni dei due fermati e anche di altre persone.
L'agguato
Giuliano e Francese, a bordo di una Panda, si sono parati davanti alla vettura condotta da Amoruso, sulla quale viaggiavano anche il fratello e un'altra persona. I due killer hanno esploso, verosimilmente con due pistole, almeno 14 colpi, anche contro il motore della macchina dell'ex collaboratore di giustizia, per impedirne la fuga. Amoruso, malgrado ferito, è riuscito a ingranare la retromarcia e a sfuggire a morte certa. Il movente del tentato omicidio, secondo gli inquirenti, non è da ricercare nelle presunte rivelazioni dell'ex collaboratore di giustizia ma, piuttosto, nei contrasti sorti tra i due nell'ambito dei rispettivi interessi criminali.