Faraglioni di Capri danneggiati da raccolta datteri di mare: 19 misure cautelari

Campania

L'accusa è di devastazione ambientale, attuata scavando nelle rocce del Porto di Napoli e dei Faraglioni di Capri per prelevare i datteri di mare

Sono 19 le misure cautelari notificate dal Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Napoli ad altrettante persone con l'accusa di devastazione ambientale, attuata scavando nelle rocce del Porto di Napoli e dei Faraglioni di Capri per prelevare i datteri di mare. Secondo quanto accertato da un pool di consulenti, le operazioni illegali di prelievo dei molluschi, che avviene picconando con un grave danno all'ecosistema marino, hanno desertificato l'ecosistema sul 48% delle pareti dei faraglioni che si trovano sott'acqua. Si tratterebbe di un procedimento senza precedenti.

Un fermo immagine tratto da un video dell'operazione della guardia di finanza di Napoli
Un fermo immagine tratto da un video dell'operazione della guardia di finanza di Napoli - ©Ansa

Scoperto un vasto mercato illecito

L'indagine dei finanzieri, coordinata dalla V sezione della Procura di Napoli (sostituto procuratore Giulio Vanacore, procuratore aggiunto Sergio Amato) e dalla Procura Generale presso la corte di Appello, ha fatto emergere un vasto mercato illecito diviso tra due organizzazioni (una napoletana e l'altra stabiese-caprese) che  controllavano la raccolta abusiva dei datteri di mare da oltre trent'anni. Durante le intercettazioni telefoniche e ambientali, è emerso che in pochi mesi erano stati raccolti ben 8 quintali di datteri di mare, una specie protetta, destinati a una clientela d'elite, in grado di pagarlo tra 100 e 200 euro al chilogrammo. Tra i reati contestati a vario titolo, figurano l'associazione per delinquere finalizzata al compimento di numerosi delitti ambientali, inquinamento e ricettazione.

Bombe e martelli a percussione per estrarre i molluschi

Per estrarre i "datteri di mare" dalle rocce i sub usavano anche martelli pneumatici e cariche esplosive. Lo scempio dell'ecosistema è stato ritenuto a tal punto grave che, secondo gli esperti, ci vorranno almeno trent'anni per ristabilire l'equilibro in quelle località del Golfo di Napoli dove si concentravano le attività di estrazione. La Guardia di Finanza, oltre alla notifica delle misure cautelari, ha anche sequestrato tre locali commerciali, tra Napoli e Castellammare di Stabia, dove i datteri venivano nascosti prima dell'immissione in commercio, una somma di denaro ritenuta profitto della vendita, due natanti utilizzati per recarsi sui punti di prelievo della specie protetta e tutta la strumentazione adoperata per estrarre il "dattero" dalle rocce.

Indagine pionieristica

Si tratta, secondo gli investigatori, di una indagine pionieristica, durata tre anni e integralmente accolta dal gip di Napoli Egle Pilla, con il contributo di esperti come il prof. Giovanni Fulvio Russo, presidente della Società Italiana di Biologia Marina (SIBM), e il professore Marco Sacchi, dell'istituto Scienze Marine del CNR) nella quale è stato raccolto il materiale. L'impianto accusatorio poggia le sue basi, tra l'altro, anche sulle convenzioni internazionali dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite sottoscritte a tutela dell'ecosistema e delle specie marine.

Un fermo immagine tratto da un video della guardia di finanza di Napoli, 23 marzo 2021: La Procura di Napoli e della GdF ha notificato 19 misure cautelari con l'accusa di devastazione ambientale attuata per scavare dalle rocce del Porto di Napoli e anche dei Faraglioni di Capri per prelevare dalle rocce i "datteri di mare", molluschi che vengono estratti picconando e infliggendo un grave danno all'ecosistema marino. Secondo quanto accertato da un pool di esperti che hanno fatto da consulenti agli inquirenti, è emerso le operazioni illegali di prelievo hanno desertificato l'ecosistema che si trovava sul 48% delle pareti dei faraglioni che si trovano sott'acqua. Si tratterebbe di un procedimento senza precedenti.
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Un fermo immagine tratto da un video della guardia di finanza di Napoli - ©Ansa

Il mercato nero dei datteri di mare

Per la Procura di Napoli il dominus del mercato nero del dattero di mare a Napoli e in provincia era Pasquale Amato, detto "o' Palumbaro" (nato a Napoli il 19 settembre 1964) che figura tra le sei persone per le quali il gip ha disposto il carcere. Una attività, quella della raccolta e della commercializzazione del mollusco, portata avanti con due cugini e come titolare di una nota pescheria che si trova a Secondigliano. Nei sette mesi di intercettazione telefonica gli inquirenti hanno documentato 78 "transazioni illecite" che vedevano nella veste di acquirenti commercianti (che a loro volta li vendevano), ristoranti, ville per cerimonie, consumatori al dettaglio. Non solo. L'indagato è risultato anche proprietario di sterminati campi abusivi di mitili, sistemati nel demanio marittimo, all'esterno del porto di Napoli, che metteva in vendita senza check sanitario. Pasquale Amato, sempre secondo gli inquirenti, godeva anche della collaborazione di pubblici ufficiali che lo avvertivano in occasione di controlli o ispezioni. Le immersioni per la raccolta dei datteri di mare avvenivano sempre di notte e in superficie, a bordo del natante, rimaneva sempre qualcuno a fare da vedetta.

La pesca illegale e danni all'ecosistema

Nel caso delle estrazioni avvenute a Capri, ma la circostanza è riscontrabile anche nelle altre località del Golfo di Napoli dove veniva praticata la 'pesca illegale', il deterioramento della popolazione del mollusco della specie 'Lithophaga lithophaga' è stato tale da influire negativamente sul suo ciclo vitale (riducendone il potenziale riproduttivo) e coinvolgendo anche altre comunità biologiche dei fondali capresi circostanti i Faraglioni. Un delitto, viene sottolineato, consumato in un'area protetta, sottoposta a vincolo paesaggistico. I fondali di Capri, inoltre, dal 2006, sono inclusi tra i siti di interesse comunitario (SIC) e sono "zona di protezione speciale (ZPS) e, quindi, parte integrante della "Rete Natura 2000", proprio per la presenza del Lithophaga, come anche del "Corallium rubrum". La presenza del "dattero di mare" ha spinto l'Ue ha inserire quei fondali nella cosiddetta protezione rafforzata. Le istituzioni comunitarie segnalarono in diversi documenti "l'eccessivo esercizio della pesca professionale subacquea e di Lithophaga". Il martellamento incessante, per oltre 25 anni, ha anche prodotto effetti devastanti nell'area sommersa di Capri, per 19 comunità betoniche, che vivono in simbiosi con il Lithophaga.

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