Operazione anticamorra nel Napoletano: 20 persone in manette

Campania
Foto di Archivio (Getty Images)

Gli inquirenti contestano agli indagati i reati di associazione per delinquere di stampo camorristico, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti

Sono 20 le misure cautelari nei confronti di altrettante persone ritenute dagli investigatori appartenenti al clan Cesarano di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. Questo è il bilancio di una vasta operazione anticamorra della guardia di finanza. Gli inquirenti contestano agli indagati i reati di associazione per delinquere di stampo camorristico, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Secondo le accuse, il clan comprava cocaina dai 'broker' del clan Contini di Napoli, una delle famiglie della cosiddetta Alleanza di Secondigliano. La droga veniva venduta poi nelle zone a sud del capoluogo, tra Castellammare, Pompei, Scafati e Santa Maria la Carità, ma anche ai clan della Piana del Sele, nel Salernitano, come i Pecoraro-Renna.

Le indagini

Dall'attività investigativa è emersa la collaborazione col clan salernitano: i 'picchiatori' dei Pecoraro-Renna venivano chiamati in causa dai Cesarano per convincere con la violenza gli imprenditori che si mostravano reticenti al pagamento del pizzo. Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono i capi dei due clan: si tratta del boss Luigi Di Martino, detto "il profeta" - l'operazione, chiamata "Isaia", prende il nome proprio dal suo nomignolo - e del suo braccio destro, Giovanni Cesarano, entrambi già in carcere, il primo al 41 bis, e di Aniello Falanga, detto 'Nellino', Francesco Mogavero e Sergio Bisogni, del clan camorristico della Piana del Sele. Le indagini sono state guidate dai pm Giuseppe Cimmarotta, dal procuratore aggiunto Rosa Volpe e dal procuratore Giovanni Melillo. Le misure cautelari sono state emesse dal gip di Napoli Francesco Cananzi.

"Controllo del territorio pervasivo e asfissiante"

Secondo l'inchiesta dei finanzieri di Castellammare di Stabia, guidati dal capitano Salvatore Della Corte e coordinati dal comandante del Gruppo di Torre Annunziata, colonnello Agostino Tortora, il controllo del territorio da parte dei Cesarano "è pervasivo e asfissiante" e il clan era perfettamente a conoscenza della realtà economica da taglieggiare con cadenza mensile o bimestrale. Inoltre veniva chiesto un surplus in occasione delle festività "comandate": Natale, Pasqua e Ferragosto. Il denaro veniva impiegato per comprare la droga dai Contini e per stipendiare gli affiliati e i carcerati.

Le intercettazioni

"Oggi fai latte, alluminio e legno". Sono gli appellativi che, secondo le accuse, Giovanni Cesarano usa per chiamare gli imprenditori a cui chiedere il pizzo, attraverso il suo factotum Aniello Falanga, in una conversazione telefonica intercettata dagli inquirenti. L'uomo, considerato il capo degli estorsori del clan, quando viene intercettato è in prova ai servizi sociali perché sta scontando 25 anni di carcere per un omicidio commesso in Germania, quello di Giuseppe Ambruoso. Ogni giorno, alle 8.30, prendeva servizio come operaio in una ditta che lavora l'alluminio, ma prima di entrare in servizio, secondo gli inquirenti, incontrava Falanga per comunicargli la lista degli imprenditori, settore per settore, da taglieggiare. Tra loro ci sarebbe anche Adolfo Greco, imprenditore stabiese del latte coinvolto in un'altra inchiesta, indicato da Cesarano come 'latte'. La figura di Giovanni Cesarano emerge per la particolare prepotenza che usa anche nei confronti dei suoi sottoposti, incaricati di ritirare il pizzo. In un'altra intercettazione è stato ascoltato dagli investigatori mentre, con Aniello Falanga, intimidisce i suoi uomini: "Se ti dico struppialo, tu vai là e struppialo... se non paghi ti siedono sulla sedia a rotelle e ne esci con il cucchiaino".

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